La società italiana è profondamente malata! Lo è sotto il profilo morale, culturale, politico. Certamente, uno degli ingranaggi fondamentali della società e certo uno dei fattori più rilevanti della sua connotazione culturale e morale è la scuola. Sebbene questa non possa essere considerata una componente avulsa dal contesto sociale in cui è inserita, rappresenta uno dei nodi fondamentali. Il fallimento della società è anche il fallimento della scuola!

In questo articolo vorrei discutere alcune delle problematiche strutturali della scuola e proporre qualche possibile soluzione, frutto della mia personalissima visione. Toccherò solo marginalmente le conseguenze dell’attuale emergenza sanitaria (anche perché credo e spero che si tratti di una situazione temporanea, per quanto gravida di conseguenza sul futuro).

 

Il Ruolo della Scuola

“Se la conoscenza può creare dei problemi, non è tramite l’ignoranza che possiamo risolverli”.

Isaac Asimov

La cultura, e quindi la scuola, è la linfa vitale di qualsiasi democrazia funzionante, di qualsiasi Civiltà. La cultura, che interpreto in primo luogo come “conoscenza”, “sapere” è ciò che consente di rendere efficiente il ragionamento, di collegare i concetti tra di loro e quindi di essere in grado di interpretare la realtà che ci circonda, di leggere correttamente le situazioni, di comprendere quali sono i nostri interessi e quando e da chi vengono tutelati; di esercitare quel grado di vigilanza irrinunciabile per non perdere i diritti fondamentali dei cittadini, individuali e collettivi. La conoscenza, il possesso dei concetti, in altre parole, si traduce in consapevolezza, in capacità di connettere ed interpretare la realtà sociale e politica, di esercitare la vigilanza democratica ed il voto in modo consapevole e razionale. Pertanto, la cultura è assolutamente centrale in democrazia.

Ovviamente, i luoghi principe dove forgiare la cultura sono le sedi istituzionali ufficialmente preposte, ossia la scuola e l’università. Negli ultimi decenni è stato profuso ogni sforzo (coronato, ahimè, da discreto successo, come posso testimoniare io da insegnante precario) per destrutturare sistematicamente le istituzioni del sapere, con la conseguenza (in certi casi, il fine) di eliminare ogni consapevolezza dei futuri cittadini, ogni senso critico. Ed è precisamente questo che è necessario evitare! La scuola deve essere in grado di forgiare dei cittadini, non degli operai o peggio dei consumatori, che siano pressoché tutti in grado di proseguire il loro percorso di studi nell’università (in primo luogo!) e, in seguito, nel mondo del lavoro, ma che, soprattutto, siano in grado di tutelare i loro diritti individuali e quelli collettivi.

Oltre al suo compito di formare dei cittadini consapevoli, la scuola svolge infatti anche un secondo ruolo essenziale, quello di “ascensore sociale”. Essa è lo strumento principale che consente di implementare la mobilità sociale, che permette a tutti i ragazzi di poter sfruttare appieno le loro potenzialità e di non rimanere indietro in questa società ipercompetitiva. Il significato di ascensore sociale è precisamente quello di consentire a tutti gli studenti, anche a quelli che partono in condizioni disagiate, di potere giungere a dei traguardi importanti, o quantomeno di trovarsi sullo stesso piano di coloro che partono avvantaggiati, perché cresciuti in ambienti più favorevoli da un punto di vista culturale ed economico. L’istruzione è quindi lo strumento fondamentale che deve essere utilizzato per rendere effettiva l’eguaglianza. Ed è precisamente ciò che NON accade! Uno dei motivi (ci tornerò più avanti) è che i ragazzi spesso mancano della consapevolezza dell’importanza fondamentale del servizio che la scuola svolge per loro e ciò fa sì che non ritengano di doversi comportare in modo tale che la scuola possa operare in modo efficiente.

Certamente, il ruolo della scuola NON è di spingere il PIL e a quelli che dicono che, dopo il lockdown, si è riaperto tutto tranne le scuole, che l’istruzione è l’ultima priorità, segnalo che ciò è una semplice conseguenza della dell’attuale regime economico-politico: in un mondo liberista, ultracapitasta, PIL-centrico, il privato avrà sempre la precedenza sul pubblico e i soldi sull’istruzione!

 

Il Fallimento della Scuola

Come detto, la scuola, in Italia, fallisce i sui obiettivi. I fallimenti della scuola, a mio avviso, sono essenzialmente tre: il fallimento culturale, il fallimento educativo/morale, il fallimento sociale.

    1. Ignoranza: Partiamo dai dati. Gli italiani sono, in media, di una ignoranza spaventosa e questo non si deduce solo dai discorsi carpiti al bar o in treno, oppure dalle schifezze che si leggono sui social, ma anche dai dati che emergono dalle indagini di vari enti. Eccone qualcuno.
        • Secondo l’indagine PISA 2018, promossa dall’OCSE, circa il 24% dei quindicenni non ha raggiunto il livello base di competenza in matematica (media Ocse 22%). 1 studente su 4 non raggiunge il livello base di competenze scientifiche (nei paesi Ocse è 1 su 5). Per quanto riguarda la lettura (definita da PISA come “la capacità degli studenti di comprendere e utilizzare i testi per raggiungere i propri obiettivi e partecipare alla società”) gli studenti italiani ottengono un punteggio di 476 (media OCSE 487), tra il 23 e il 29esimo posto.
        • Ancora più preoccupate è l’analfabetismo funzionale ossia di coloro che “non riescono a comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”. Secondo SKY TG24 a percentuale in Italia (2009) è addirittura del 47% (popolazione fra i 16 e i 65 anni). In un webinar che ho recentemente seguito sulla comunicazione, mi è stato spiegato che dobbiamo abituarci a comunicare con una popolazione di analfabeti di ritorno.
        • Secondo l’OCSE, l’Italia con maggiore percentuale di adulti in età lavorativa in possesso solo della licenza media, sono il 33%! I laureati sono solo il 18% (media OCSE è del 36%, quella Ue del 32%).
        • Il Sole 24 Ore riporta che, in relazione alla classifica IPSOS MORI la percezione della realtà da parte degli italiani è completamente distorta, ad esempio rispetto a temi di droga, corruzione, criminalità, salute. Da questo punto di vista, siamo i più ignoranti d’Europa e i dodicesimi più ignoranti del mondo, ossia si evidenzia una incapacità di leggere la realtà, di informarsi ed elaborare correttamente i dati e i fatti e di conseguenza di curare i propri interessi (ad esempio quando si vota). La mia personale esperienza mi insegna, in particolare, che gli studenti arrivano dalla medie estremamente ignoranti, in particolare di geometria!
    1. Morale: L’Italia è un paese immorale e corrotto. È il paese del non rispetto delle regole, della mancanza di senso civico, dell’individualismo e della mortificazione della comunità e del bene pubblico. Nella classifica CPI (indice di percezione della corruzione), come riportato da Repubblica, si trova (2019) al 51esimo posto nel mondo con un punteggio di 53 punti su 100 (è opportuno notare che prima dell’approvazione della legge Severino, l’Italia si trovava in 72esima posizione, con 42 punti!). I giovani, in particolare, sono in larga misura, maleducati, arroganti privi di disciplina e di rispetto (come dimostrano le degenerazione del fenomeno movida). La predisposizione di una larghissima fetta dei giovani di quest’epoca (non tutti per carità) di infrangere gli obblighi e le regole della convivenza civile è innegabile! L’edonismo sfrenato, la mancanza di senso del limite, l’egoista convinzione che sia tutto dovuto e di avere solo diritti e nessun dovere sono molto diffusi.  Sono dati allarmanti che originano anche a causa dell’ignoranza (ovviamente più si è ignoranti, più non si ha consapevolezza della necessità di rispettare leggi e regole) e spiegano l’alto livello di populismo e la bassa qualità delle classi dirigenti. La responsabilità non è solo della scuola, hanno un’influenza negativa anche i messaggi veicolati dai media, dai social network e l’esempio che danno le classi dirigenti. Ma certo, nel sistema di istruzione italiano qualcosa che non funziona ci deve essere.
    2. Scuola e Mobilità Sociale: Anche in questo caso, partiamo dai dati. AlmaDiploma ha effettuato un’indagine su 261 istituti italiani, evidenziando grosse criticità sociali nella scelta, nonché nell’accesso della scuola superiore. Di fatto, al liceo vanno i figli di famiglie benestanti, mentre i ragazzi provenienti da famiglie povere scelgono scuole professionali. Ad esempio, nel 2016, solo un sesto dei liceali era figlio di famiglie operaie e solo l’8,7% dei diplomati al classico sono risultati figli di impiegati o di genitori che stanno alla catena di montaggio, contro il 45%di figli di professionisti, dirigenti, docenti universitari e imprenditori. Allo Scientifico, si hanno solo il 13,1% dei ragazzi provenienti dai ceti sociali più svantaggiati. ll 30% dei bocciati due o più volte proviene dalle famiglie operaie contro il 17% appartenenti alla classi abbienti. Per quanto riguarda l’università, il 43% dei laureati in Medicina proviene da famiglie più abbienti, così come il 34% degli iscritti a corsi di laurea magistrale a ciclo unico. I figli di operai e impiegati sono solo il 15% dei laureati magistrali a ciclo unico. È quindi evidente che i figli dei medici faranno i medici, ecc. L’ascensore sociale è quasi completamente fermo!

 

I problemi della Scuola

Da che cosa si originano tali fallimenti?

Proverò ad illustrare quali sono, in base alla mia personalissima esperienza, i principali problemi della scuola oggi.

  1. Emergenza Educativa e Didattica: Il problema principale della scuola, secondo me, è questo. Siamo in presenza di una colossale emergenza educativa: gran parte dei ragazzi che oggi frequentano le scuole superiori (quelle di cui riesco ad avere una esperienza diretta) non hanno più alcun senso del limite, alcun freno nei comportamenti, alcun rispetto per l’autorità che il docente ricopre, il che induce molti di loro a comportarsi con un piglio di un’arroganza disgustosa (con risposte del tipo “chi se ne frega della lezione”!!!). Confrontando la mia esperienza di studente, con quella di docente (sono passati quasi esattamente dieci anni fra la fine della prima e l’inizio della seconda), ho avuto modo di rendermi ben conto del decadimento, da un lato disciplinare (quando andavo a scuola io NESSUNO di noi, si sarebbe MAI sognato di comportarsi in quel modo nei confronti del docente), dall’altro didattico, perché, confrontando i libri di testo di allora e di adesso, ho potuto configurarmi quanto il livello didattico si sia abbassato in modo allarmante. Ma questa è probabilmente una conseguenza inevitabile del decadimento disciplinare: se il docente deve impegnare gran parte delle sue energie nell’evitare che la classe si trasformi in una giungla e se, dopo aver profuso sforzi sovrumani per aver fatto tacere la maggior parte della classe, si gira ed i ragazzi ricominciano ad urlare ed a fischiare senza che il docente, essendo girato, sia in grado di individuarli, è chiaro che non si trova precisamente nelle condizioni ottimali per trasmettere loro la conoscenza.
    Oggi, gli studenti (e su questo una certa cultura buonista di sinistra ha avuto un’influenza deleteria) sono considerati alla stregua di oggetti di cristallo, sono fortemente tutelati dal sistema, così che una parte, certamente minoritaria ma sufficiente a destabilizzare le classi, si sente intoccabile e quindi libera di fare qualunque cosa, vanificando anche la buona volontà dei compagni e ponendo il docente nella condizione di non poter svolgere il proprio lavoro; oltre al danno immediato, si avrà, come conseguenza, che costoro rischiano di diventare adulti che avranno difficoltà ad inserirsi nella società civile.
    Qui si innesta il discorso del decadimento morale della società: purtroppo questo ha diverse origini, che vanno ricercate in primo luogo nel bombardamento mediatico che fornisce messaggi di un certo tipo, ma anche nell’incapacità di molti genitori di trasmettere ai loro figli quei valori che, a loro volta, i loro genitori gli avevano inculcato. Infatti, in tutto ciò, la responsabilità principale è delle famiglie, in parte caratterizzate da una cultura “sessantottina”: i genitori di oggi vivono una sorta di perenne adolescenza e non hanno la minima inclinazione a trasmettere alla propria progenie il senso dell’autorità e della responsabilità, di educare i figli al rispetto ed alla disciplina. Mentre un tempo, quando l’insegnante dava un brutto voto o rivolgeva un rimprovero ad uno studente, il genitore rivolgeva un rimprovero ancora più severo al figlio, oggi, sempre più spesso, genitori e figli sono alleati contro il docente, ossia è venuto meno il fondamentale “patto educativo”.
    A questo punto, nei casi in cui i genitori vengono meno al loro ruolo educativo, l’unica autorità che può supplire a questa mancanza è la scuola stessa: il contesto in cui intervenire prioritariamente per ricostruire un bagaglio valoriale solido nei nostri giovani non può che essere la Scuola.
    Purtroppo, però, il buonismo è manifestato non solo dai genitori (problema educativo agli atti da tempo), ma anche da alcuni docenti. Perché, anche bravi ragazzi, seri, se si trovano ad essere sempre difesi dai loro docenti, non si abituano al fatto che ci sono dei limiti da rispettare e a sentirsi dire dei “no”; così diventeranno dei principini, si sentiranno sempre coccolati e si convinceranno di poter avere sempre quello che vogliono. Inoltre, i docenti non sono degli assistenti sociali e pur convinto che occorra comprensione e attenzione per i casi socialmente delicati, gli insegnati devono pretendere sempre un minimo di impegno da parte dei loro studenti.
    Una considerazione va fatta anche sui presidi. La sensazione è che, nella maggior parte dei casi, si tratti di burocrati che si schierano immancabilmente con studenti e genitori, per non avere grane, e contro i loro docenti, talvolta anche squalificandoli. Per fortuna, a volte vanno in pensione…
  2. Mobilità Sociale: Per quanto riguarda l’incapacità della scuola di fare da ascensore sociale, non credo che la criticità abbia solo ragioni economiche, sebbene, certamente, le difficoltà ad arrivare fino alla fine del mese, scoraggino certamente i genitori a fare proseguire gli studi ai loro figli, visto che il percorso di studi è costoso e c’è la spinta verso il lavoro che possa dare un contributo economico al bilancio familiare.
    Credo, però, che la vera barriera sia di tipo culturale: le famiglie economicamente e socialmente svantaggiate, sono, generalmente, anche quelle svantaggiante culturalmente (più semplici o più “tamarre” se preferite) che non permettono al bambino/ragazzo di crescere in un ambiente culturalmente stimolante e non lo inducono allo studio ed al valore ed alla bellezza della conoscenza. Questi ragazzi sono quindi quelli che affollano le scuole tecniche o professionali, dove si creano degli ambienti assolutamente ingestibili, perché i ragazzi manifestano degli enormi difficoltà comportamentali, come elencato nei punti precedenti. Non si tratta quindi solo di un problema legato alla scuola, ma piuttosto legato al contesto familiare, ma certo, la scuola non pare in grado di compensare queste carenze
    Inoltre, l’obbligo scolastico a 16 anni è troppo basso, dovrebbe essere portato al conseguimento del diploma.
  3. Numero ore: Il numero di ore attuali, soprattutto per le materie scientifiche e per la Storia, è assolutamente insufficiente. Le discipline scientifiche sono la base del successo della civiltà moderna e la Storia è essenziale per saper leggere la realtà.
  4. Numero studenti per classi: Secondo la normativa vigente, nella secondaria di I grado, le classi prime sono costituite da 18 a 27 alunni. Le seconde e terze devono mantenere almeno 20 alunni per classe, altrimenti verranno sciolte e ricomposte. Nelle superiori, le classi iniziali devono prevedere un numero di studenti che va da 27 a 30. Le classi intermedie sono sciolte e ricomposte se il numero medio per classe scende sotto a 22. Le classi finali possono essere mantenute solo con un numero superiore a 10).
    Sebbene non vi sia una risposta scientifica definita sui benefici che le classi in numero più limitato possono avere, la mia esperienza dice che si tratta di numeri enormi! La difficoltà della gestione della classe sia di tipo didattico, che disciplinare aumenta col numero di studenti, rendendo più complesso avere un rapporto diretto (indispensabile ma raramente attuabile) con gli studenti. La possibilità di svolgere orali piuttosto che scritti viene meno e aumenta il tempo necessario nella correzione dei compiti in classe, nella burocrazia, ecc.
  5. Formazione Docenti e Reclutamento: Premettendo che, per le ragioni succitate, vi sarebbe la necessità di assumere molti più insegnanti, la questione è come selezionarli e formarli. Al momento, questo di fatto non avviene, in effetti i precari, che sono tantissimi, in generale non hanno una formazione specifica. Al di là del caos che la Azzolina ha provocato (concorsi rinviati, procedure abilitanti, ecc.), vi sono, a mio modo di vedere, due problematiche.
    Innanzi tutto la (non-)formazione dei docenti: un laureato non necessariamente è un bravo docente. Occorre che abbia una formazione specifica, sia nelle tecniche di insegnamento e valutazione (cosa che di cui personalmente sento molto la mancanza), sia nella capacità di rapportarsi nel modo più efficiente possibile con gli studenti. Occorre una formazione lunga e molto specifica e non credo che basti insegnare un po’ di pedagogia, psicologia e sociologia (i famigerati 24 CFU), anzi, studiando per prepararmi per il test di ingresso al percorso abilitante, ho dedotto che i testi di preparazione riguardo le metodologie didattiche, almeno per come sono scritti, sono ASSOLUTAMENTE INUTILI! Occorrerebbero delle guide pratiche e dettagliate su come rapportarsi con le classi.
    Allo stesso tempo, però, vi sono persone che da decenni sono precarie. Non si può chiedere a gente di 40 anni, che magari lavora da 15, di rimettersi a studiare. Occorre che queste persone siano stabilizzate.
  6. Zavorre e Pastoie: Consideriamo il lessico.
    Studente: colui che studia.
    Insegnate: colui che insegna.
    Purtroppo, questa semplice verità linguistica non trova applicazione nei fatti. Oggi il docente è quasi più un burocrate che un insegnante (programmi, relazioni finali, assegnazione libri di testo, ecc.) per cui spende più tempo per queste scemenze che per insegnare (esempio: quando vieni assunto ti fanno compilare 5 o 6 fogli in cui devi riportare gli stessi identici dati, compresi nome, cognome, nome data di nascita dei tuoi genitori!).
    Inoltre, ormai, gli organi collegiali hanno poco o nessun senso. I consigli di classe sono poco partecipati dai genitori, i collegi docenti e le riunioni di dipartimento sono poco rilevanti per coloro che non si interessano della vita interna della scuola (soprattutto i supplenti temporanei). L’elezione degli studenti ai consigli di classe e d’istituto porta via ulteriore ore di lezioni.
    Per quanto riguarda gli studenti, il numero di ore già esiguo dedicabile alle lezioni e allo studio pomeridiano è ulteriormente ridotto da una miriade di progetti, attività integrative, uscite didattiche ed il cosiddetto “viaggio di istruzione”. Il termine non potrebbe essere più fuorviante, perché, per la maggior parte degli studenti, non è inteso come un’occasione formativa, bensì come una scusa per trascorrere qualche giorno lontano dai genitori, con i compagni e dedicarsi al divertimento sfrenato (soprattutto notturno), senza limiti, sempre sotto la responsabilità dei docenti che in teoria dovrebbero sorvegliare il comportamento degli studenti fino a tarda ora. Si tratta, pertanto, di una realtà diseducativa. Ora, considerando le difficoltà connesse all’apprendimento, tutte queste situazioni sono un lusso che non possiamo più permetterci.
    Ulteriore follia è la cosiddetta “Alternanza Scuola-Lavoro” (adesso PCTO) che non ha assolutamente nessun senso, soprattutto nei licei e che fa perdere ulteriore tempo dedicabile allo studio e spesso costringe gli insegnati ad un ulteriore aggravio burocratico e gli studenti ad attività assolutamente non in linea col loro percorso di studi. L’Alternanza (per fortuna molto ridimensionata) oltre ad essere di per sé poco razionale in base al principio per cui la scuola deve trasmettere conoscenze e formare dei cittadini consapevoli, non lavoratori, si scontrerà con un sistema imprenditoriale e pubblico culturalmente non pronto ad accogliere gli studenti. Per i Licei, poi, è assolutamente insensata.
  7. Disturbi dell’apprendimento e PDP: La Legge sui disturbi dell’apprendimento ha creato sostanzialmente degli intoccabili. Avere il PDP (Piano Didattico Personalizzato) è diventato un privilegio che induce molti docenti a concedere, a costoro, il 6 politico. I presidi (tanto per cambiare) hanno una paura matta e si schierano sempre dalle parti dei genitori per non avere grane. Intendiamoci, ci può assolutamente stare che ragazzi con delle difficoltà siano seguiti e trattati in modo diverso, ma bisogna essere certi che il disturbo dell’apprendimento sia reale (è forte la sensazione che quando uno studente è semplicemente un po’ limitato o fannullone, i genitori trovino un medico compiacente che gli faccia la certificazione) e che non diventi una sorta di promozione sicura.
  8. Educazione Ambientale: La tutela dell’ambiente è la principale sfida per la sopravvivenza dell’umanità, in nostro sistema non è più sostenibile come spiego in questo articolo. Occorre che la scuola sia un veicolo di diffusione dei necessari comportamenti virtuosi.
  9. Sport: La pratica sportiva è un elemento assai importante per la crescita dei giovani e non è sufficientemente valorizzato.
  10. Covid e didattica a distanza: La maggior parte dei docenti ha vissuto male la didattica a distanza, io invece, per mie caratteristiche personali, mi sono trovato meglio, con una riduzione di stress. Non mi unisco ai catastrofisti che pensano che questi pochi mesi di didattica a distanza abbiano provocato sfaceli, soprattutto perché la scuola è già in uno stato così comatoso che difficilmente quanto accaduto può avere avuto impatti significativi; ovviamente il discorso cambierebbe se questa modalità dovesse continuare. Neppure mi iscrivo al partito di coloro che pensano che a scuola si vada per socializzare o altre cavolate del genere (cito la folle idea di fare incontrare gli studenti per l’ultimo giorno di scuola).
  11. Stipendi docenti: L’Italia, secondo il rapporto Eurydice 2017/2018, ha il livello fra i più bassi per quanto riguarda i docenti nei paesi UE. Ne vogliamo parlare?
  12. Programmi e cicli: I programmi, almeno quelli di Matematica e Fisica non sono adeguati (ad esempio, non è possibile comprendere realmente la Fisica senza conoscere l’analisi). Anche i cicli sono inadeguati non ha senso studiare le stesse cose 3 volte (elementari, medie, superiori).

 

Soluzioni

Quali soluzioni per superare queste criticità?

Provo a elencare qualche idea, senza pretesa di scientificità, ma basata sulla mia esperienza di docente e la mia sensibilità.

      1. Disciplina/Educazione: Le parole chiave devono essere serietà, severità e rigore! Occorre restituire autorevolezza i docenti e alla scuola. Come sottolineato, il principale problema della scuola italiana è il decadimento disciplinare degli studenti, la mancanza di una educazione delle regole e dei limiti da parte delle famiglie e le ricadute che ciò ha sulla didattica. Escludendo le pene corporali, le uniche che forse potrebbero avere un’efficacia assoluta, ma che non sono accettabili, perché la violenza insegna la violenza, ecco alcuni spunti per risolvere il problema.
        • Possibilità di allontanare gli studenti che non si comportano in modo consono. Questo semplicissimo mezzo sarebbe l’uovo di colombo. Se gli insegnati potessero buttare fuori tutti quelli che fanno “casino” in quattro e quattr’otto potrebbero fare tranquillamente lezione con quelli che rimangono e che sono realmente interessati. Oggi non si può fare, perché il docente ha la responsabilità legale sugli studenti, quindi non si può mandarli a zonzo per la scuola. Occorrerebbe dare questa possibilità, introducendo una “stanza delle punizioni” con una persona (un educatore) che si occupi di coloro che vengono espulsi e li tengano per il resto dell’ora, costringendoli a fare dei compiti di punizione. Qualora non si presentino, subiranno conseguenze molto gravi.
        • Introdurre una sorta di punteggio della disciplina. Ogni docente può decidere in autonomia di togliere dei punti agli studenti che si comportano male (ad esempio se vengono espulsi dall’aula). Ogni volta che lo studente perde un certo numero di punti, subisce una punizione (vedi sotto). Il punteggio accumulato determina il voto di condotta. Bocciatura automatica per chi ottiene un voto di condotta inferiore a 8.
        • Occorre introdurre un sistema di punizioni come nelle scuole americane, che possono essere legati alla perdita dei punti di cui sopra; possono consistere nel costringere gli studenti a trascorrere un intero pomeriggio a scuola, svolgendo dei compiti extra, senza poter utilizzare gli smartphone, oppure a impegnarsi in lavori socialmente utili. La punizione deve essere scontata in un tempo ragionevole (ad esempio 2 settimane) ed il non presentarsi deve comportare un ulteriore perdita di punti e di punizioni. La sospensione può essere sostituita da un obbligo di rimanere a scuola tutta la settimana, compresi i pomeriggi. Per le famiglie più abbienti si può immaginare una pena pecuniaria molto rilevante.
        • Sorveglianza video. Si può pensare di introdurre una forma di videosorveglianza nelle classi, in modo che il docente, in seguito, possa individuare gli studenti che non si sono comportati bene e sanzionarli.
        • Personale educativo. Potrebbe essere utile introdurre nella scuola degli educatori che coadiuvino gli insegnati nel compito educativo.
        • Occorre mettere al riparo gli insegnati dalle ire dei genitori, rispetto ai quali, sono spesso impotenti. Occorre la presenza di un testimone ai colloqui e pene molto serie per i genitori che maltrattano i docenti. I presidi si dovrebbero schierare sempre con gli insegnati. In generale, nel momento in cui i genitori affidano i figli alla scuola, di fatto, ne perdono il controllo.
        • Per i casi disperati, si può pensare di re istituire il servizio militare che insegni come comportarsi civilmente nei confronti della comunità.
      2. Innalzamento livello didattico: Trovo incredibile che i colleghi ti spieghino scandalosamente che ”gli studenti di oggi non sono più in grado di prendere appunti”! È necessario che si innalzi il livello. I docenti dovrebbero pretendere un maggiore impegno (quello che era richiesto una ventina di anni fa) e assegnare voti con minore parsimonia. Si potrebbe reintrodurre lo ”0”.
      3. Sburocratizzazione e organi collegiali: Bisogna ripartire dal semplice principio: il docente insegna e lo studente studia. Occorre eliminare la maggior parte delle pastoie burocratiche per i docenti, come i programmi, le relazioni finali, ecc. Gran parte di questo lavoro deve passare attraverso gli amministrativi i cui organici vanno rafforzati. Per quanto riguarda il consiglio di classe, dovrebbe rimanere per la componente docenti, ma in modo che sia possibile svolgerlo anche in modalità virtuale, mentre dovrebbe essere abolita la componenti studenti e genitori. I collegi docenti non dovrebbero essere più obbligatori, perché chi non è interessato alla vita interna della scuola dovrebbe poter essere libero di non presenziare, così come alla riunioni di dipartimento.
      4. Flessibilità oraria/Didattica a distanza: Uno dei limiti della scuola è il poco tempo, che mette sempre i docenti con l’acqua alla gola, spesso non consente di concludere i programmi di approfondire, ma soprattutto di insistere sugli argomenti, fare tanti esercizi su un argomento finché gli studenti lo imparano e fare interrogazioni orali. Occorrerebbe una maggiore flessibilità oraria, magari introdurre ore extra che i docenti possono aggiungere a loro discrezione, al pomeriggio o alla fine dell’anno scolastico che possono svolgersi anche tramite didattica a distanza. Se un docente ha necessità, utilizza queste ore in più. Se uno studente non capisce qualcosa, il docente si potrebbe mettere a disposizione con una videoconferenza per rispiegare il concetto.
      5. Riforma dei Cicli: Ma, per superare il problema del poco tempo disponibile, occorre altro. Ed allora, mi chiedo ha senso studiare le stesse cose tre volte (elementari, medie, liceo). Non sarebbe meglio riformare i cicli trasformandoli da 3 a 2, ad esempio uno di 7 anni ed uno da 6? Si risparmierebbero molte ore. Nel secondo ciclo, con un anno in più, si potrebbe immaginare di dedicare l’ultimo ad un avanzamento ulteriore del programma rispetto ad oggi (per Matematica si potrebbe arrivare fino alle Equazioni Differenziali, di Storia fino al crollo del muro, ecc.) ed il resto al ripasso generale di tutto il programma. Anche l’esame finale si potrebbe re immaginare, trasformandolo in una serie di esami per ciascuna materia (più simile al modello universitario, per capirci). Anche il concetto di classe va ripensato, si potrebbe ipotizzare (almeno nel secondo ciclo) che il docente rimanga in un’aula e gli studenti si spostino ogni ora. Soprattutto, si potrebbero ripensare gli indirizzi e immaginare un curricolo più libero, permettendo una maggiore scelta, anche sul livello di approfondimento, di ciascuna materia (partendo, però, da una base molto alta); questo deve, necessariamente, passare tramite l’approvazione di un curriculum coerente.
      6. Reclutamento: Come si dovrebbe procedere, per il reclutamento dei docenti? Occorre stabilizzare i precari attuali (ponendo un discrimine, ad esempio, rispetto al numero di anni di servizio: quelli che hanno almeno tot anni vengono stabilizzati, gli altri no), svolgendo concorsi tutti gli anni, in base alle necessità legati al turnover e degli organici. Tutti gli altri aspiranti docenti andranno formati da zero, così, seppure in tempi medio-lunghi, avremo un corpo insegnati con una formazione specifica.
      7. Sport: Ho già detto dell’importanza dello sport, certo non immagino un modello simile a quello americano, dove lo sport ha assurdamente quasi lo stesso peso della didattica. Cionondimeno, lo sport dovrebbe essere maggiormente presente nella vita dei giovani: le “scienze motorie” dovrebbero trasformarsi “educazione sportiva” e consistere in attività sportive. Ogni studente dovrebbe essere tenuto a svolgere almeno un’ora di sport alla settimana, garantita da un’opportuna certificazione.
      8. Educazione Ambientale: È pertanto fondamentale introdurre l’educazione ambientale nelle scuole, soprattutto nei gradi inferiori, possibilmente portati avanti da realtà del III settore, senza perdere ore di lezione.
      9. Didattica a Distanza: Personalmente non ritengo che la didattica a distanza possa essere la soluzione per la scuola de futuro, ma non va demonizzata e potrebbe essere un utile strumento integrativo, ad esempio per fare delle ore extra (per esempio se uno studente non capisce un concetto, può essere aiutato con una lezione a distanza), per svolgere gli sportelli didattici, per raggiungere gli studenti assenti o per i docenti assenti per fare lezione ugualmente. Certo, occorrerebbero delle piattaforme specifiche ed adatte anche per materie che hanno un linguaggio simbolico come Matematica e Fisica. Sgombriamo poi il campo da equivoci: a scuola si va per imparare, non per socializzare, quindi la didattica a distanza, da quel punto di vista, va benissimo.
      10. Obbligo scolastico e mobilità sociale: A mio parere, tutta la popolazione dovrebbe conseguire almeno il diploma, pertanto, l’obbligo scolastico deve alzarsi di conseguenza. Ciò significa che la dispersione scolastica va abolita: lo studente deve rimanere nel sistema, finché non avrà raggiunto il diploma. Naturalmente, questo implica dei metodi di gestione dei casi disperati, che in parte possono essere i metodi del punto 1, in parte con l’istituzione di scuole specifiche per questi casi. Occorrerebbe che la scuola sia accogliente non solo per le ore scolastiche, ma anche per parte di quelle pomeridiane, cosicché bambini e ragazzi possano vivere in un contesto culturalmente più stimolante, perché, questo è il fattore che determina la possibilità per lo studente di avere successo nonostante le condizioni di partenza svantaggiante. Certo, se potessimo eliminare i problemi comportamentali, l’ambiente scolastico anche delle scuole tecniche e professionali migliorerebbe e questo forse aiuterebbe anche ad uscire dal problema della povertà educativa.
      11. Studenti per classe: Per come la vedo io, il numero di studenti per classe non dovrebbe superare le 15 unità, possibilmente 10 e questo si può fare solo garantendo nuovi spazi, e, soprattutto, assumendo più docenti. Questa necessità è diventata più impellente con l’attuale crisi sanitaria.
      12. Scuola aperta: Sarebbe bellissimo se la scuola fosse una realtà aperta per tutto il giorno, dando la possibilità agli studenti di fare attività pomeridiana di studio individuale, o attività sportiva/aggregativa, aprendo quindi anche le sue palestre e i suoi cortili. La necessaria sorveglianza, però, dovrebbe essere svolta senza gravare sul corpo docenti.
      13. Uscite Didattiche: Gli studenti devono studiare. Occorre eliminare tutte le attività che si svolgono in orari curricolari e che fanno perdere ore di lezione, ivi comprese le uscite didattiche, che possono solo svolgersi al pomeriggio o dopo la fine dell’anno scolastico. Per quanto riguarda i “viaggi di istruzione” devono essere completamente aboliti, perché, come ho scritto sopra, non sono occasioni formative, ma altro (al massimo, si possono svolgere dopo la fine dell’anno scolastico). L’elezione degli studenti al consiglio di classe e consiglio di istituto non deve più essere svolte in orario curricolare.
      14. DSA: La Legge sui DSA va rivista. Occorre una più rigida disciplina sulle certificazioni, ad esempio imponendo che sia certificata da un ente pubblica. Limitare l’intoccabilità dei DSA evitando la garanzia del sei politico. Si potrebbe pensare a delle classi dedicate a questi soggetti.
      15. Stipendi docenti: Gli stipendi dei docente andrebbero un po’ alzati.
      16. Prevenzione dipendenza e benessere psicologico: Fondamentali delle attività laboratoriali, per i più piccoli, sulla prevenzione delle dipendenze di tutti i tipi. Altrettanto importanti, per il benessere psicologico, sono gli portelli di ascolto, che però spesso non raggiungono gli standard di qualità necessari per legge e quindi devono essere adeguati. È altresì necessaria una maggiore collaborazione fra la scuola e le realtà del terzo settore, per indirizzare bambini e ragazzi verso attività di svago sane (sport, ecc.) e servizi utili ad integrare la didattica (doposcuola, ecc.).


Riccardo Tassone