Anche se mi candido sulla Circoscrizione 8, non posso esimermi da proporre qualche idea per la Città di Torino del suo complesso. Infatti, essendo la Circoscrizione dotata di poche competenze, spesso il lavoro dei consiglieri si concentra, oltre che sulle questioni puntualissime (come le buche per le strade od i tombini), sul fare proposte e pressioni sugli organi superiori di governo.
Vi rimando alla pagina Idee per la Circoscrizione, per le proposte di carattere circoscrizionale, con le quali, ovviamente, le presenti si integrano ed è in certo modo arbitrario separarle nettamente.
Non avrò la pretesa di occuparmi di ogni aspetto dell’amministrazione della Città, mi limiterò a concentrarmi sui temi che conosco meglio e su cui ho lavorato in modo più approfondito.
Per approfondire i temi discussi, vi invito a scaricare i files “La 8 Sostenibile” e “Giova8“.

I PROBLEMI AMBIENTALI DI TORINO

Inquinamento Atmosferico

Secondo l’OMS, l’aria malsana è il fattore ambientale di maggiore rischio per la salute umana, responsabile di circa 7 milioni di decessi nel mondo, ossia il 12% del totale delle morti premature. In Italia, provoca ogni anno circa 85mila morti (il peggiore dato a livello europeo), probabilmente di più di quelle causate dal Covid 19: secondo uno studio dell’ENEA, l’inquinamento accorcia la vita di ciascun italiano di 10 mesi in media (la pianura padana, in particolare è l’area più inquinata d’Europa) e il danno è anche economico (ad esempio in termini di giornate di lavoro perso e di interventi sanitari, per una perdita di ricchezza nazionale del 4,7% di PIL).
La città di Torino, in particolare, secondo Legambiente, risulta essere la città con aria più malsana del paese, sia rispetto ai dati 2019 (147 giorni di superamento dei limiti per la concentrazione degli inquinanti previsti per legge: 86 per il PM10 e 61 per l’ozono), sia in riferimento all’ultimo decennio.
I principali inquinanti sono i seguenti:

  • Particolato: è costituito da una miscela di particelle solide e liquide (carbonio, piombo, nichel, nitrati, solfati, composti organici, frammenti di suolo ecc.), in sospensione nell’aria, di dimensioni comprese tra 0,005 μm e 50-150 μm. Il particolato provoca tosse e catarro, asma, diminuzione della capacità polmonare, riduzione della funzionalità respiratoria e bronchite cronica insieme ad effetti sul sistema cardiovascolare, nonché cancro ai polmoni ed alla vescica.
  • Ossidi di azoto: Monossido di azoto (NO) e biossido di azoto (NO2) sono prodotti durante tutti i processi di combustione e sono dovuti alla presenza di azoto nell’aria. Hanno una azione fortemente irritante per le mucose delle vie respiratorie, in quanto, come tutte le anidridi, in presenza di umidità il biossido di azoto si trasforma in acido nitrico che ha una azione irritativa e corrosiva sulle cellule epiteliali.
  • Ozono: Gas tossico di colore bluastro, costituito da molecole instabili formate da tre atomi di ossigeno che si scindono facilmente liberando ossigeno molecolare e un atomo di ossigeno estremamente reattivo. Provoca una irritazione agli occhi, alla gola e all’apparato respiratorio, tosse ed un senso di oppressione al torace, mal di testa e può causare edema polmonare. L’impatto dell’ozono per concentrazioni superiori ai 70 μg/m3 ammonta allo 0.6% di tutte le cause di morte.

La concentrazione massima di questi inquinanti è stabilita da precisi limiti di legge (il D. Lgs 155 del 2010) che pone limiti sia sul superamento giornaliero che quello annuale. Ad esempio, per il PM10 il limite giornaliero massimo è di 50 mg/m3 e si possono avere al massimo 35 superamenti all’anno.
Si hanno, inoltre, 3.400 morti e 250.000 feriti per incidenti con un costo economico di 21 miliardi euro/anno [fonte MIT], circa un punto di PIL, nonché una costante condizione di congestione, con 50 miliardi di euro di PIL/anno perduti per l’inefficienza dei trasporti e della mobilità urbana, di malattie causate dalla sedentarietà che incidono sul bilancio dello stato per 12,1 miliardi di euro/anno, equivalenti all’8,9% della spesa sanitaria italiana.
Il Comitato Torino Respira ha avviato una campagna di monitoraggio civico della qualità dell’aria di Torino, in particolare di biossido di azoto (sono stati distribuiti 700 campionatori, di cui 491 hanno fornito dati utili). Il 98% dei siti campionati nella Città di Torino presenta concentrazioni superiori al valore di 20 µg/m3 al di sopra del quale si osservano effetti negativi sulla salute. Il 39% dei siti campionati nella Città di Torino ha concentrazioni superiori ai limiti di legge di 40 µg/m3 su base annua. Nel 2020 Torino ha sforato per 98 giorni i limiti di legge sulla concentrazione di polveri sottili, il peggior dato nazionale, seguita da Venezia (88) e Padova (84), secondo il report annuale “Mal’Aria di città” di Legambiente.
Novecento morti l’anno a Torino sono attribuibili all’inquinamento causato dalle polveri sottili.
Ci troviamo, pertanto, in una situazione di perenne illegalità!
L’inquinamento atmosferico, pertanto, è probabilmente il problema peggiore di Torino. Non è forse un caso che Torino sia la città italiana con il maggiore rapporto fra auto e numero di abitanti (63,7% nel 2019). A questo è opportuno aggiungere il dato relativo alla cosiddetta mobilità “intraquartiere”: secondo i dati ISTAT, la media degli spostamenti a Torino è di circa 3 km, il 42% dei quali è percorso in automobile. In quanto di lunghezza inferiore ai 3 km, questi spostamenti in auto sono in gran parte realizzabili con mezzi differenti dall’automobile.
La dimensione dell’impatto sanitario impone la necessità di azioni urgenti per ridurre il peso dell’inquinamento dell’aria.

Inquinamento Acustico

L’altra fonte di inquinamento molto rilevante a Torino è quello acustico. I dati ARPA del 2017 mettono in luce che dei controlli effettuati a seguito di segnalazione, il 45% ha verificato un mancato rispetto dei limiti acustici stabiliti per legge: sono stati contestati 56 illeciti amministrativi e trasmesse 10 notizie di reato all’autorità giudiziaria. Di essi, la maggior parte, sono state legate ad attività commerciali.
Una parte è riconducibile alle infrastrutture stradali: 56 dB diurni e 55 notturni nelle stazioni 2 e 3. L’altra principale fonte di inquinamento acustico è dovuta alla “movida” o più precisamente alla “malamovida”, in particolare prodotto dalle folle di avventori che stazionano all’esterno dei locali, nello spazio pubblico, producendo vociare, schiamazzi e rumori fino a tarda notte. Ad esempio, nel quartiere di San Salvario, è stato condotto uno studio per valutare l’entità e la distribuzione dell’inquinamento acustico indotto, in riferimento alla diffusione spaziale, la variazione temporale dei livelli sonori e l’esposizione della popolazione residente. Anche in questo caso, ci si trova di fronte ad una situazione di perenne illegalità.
Se il suono diventa rumore (suono indesiderato), può procurare danno alla salute, intesa come condizione di equilibrio e benessere fisico, mentale, sociale, spirituale (definizione OMS). È dimostrata dalla letteratura scientifica la connessione tra gli effetti dannosi dell’inquinamento acustico e la salute.
Le conseguenze più serie sono quelle relative alla privazione di sonno.
Conseguenze a breve termine (notte insonne):

  • Aumento del senso di fame, quindi rischio di obesità.
  • Aumento rischio di incidenti ed infortuni (triplicato se si dorme meno di 6 ore).
  • Maggiore emotività (aumento della reattività del 60%), ansia, angoscia, tensione fisica e psichica.
  • Riduzione della concentrazione e problemi di memoria.

Conseguenze a lungo termine:

  • Malattie cardiocircolatorie: probabilità del 48% in più di morire per malattia cardiaca e 15% di incorrere in un ictus e incremento del rischio d’infarto del 400%.
  • Danni all’apparato respiratorio.
  • Danni al sistema endocrino.
  • Riduzione delle difese immunitarie.
  • Danni al sistema nervoso centrale e alla psiche, OSAS (Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno legato al rischio di infarto).
  • Disturbi della vista.
  • Disturbi all’apparato gastrointestinale.
  • Disturbi urinari e renali.
  • Invecchiamento precoce.
  • Maggiore rischio di Cancro.
  • Effetti sull’apparato riproduttivo e sul feto.
  • Aumento del rischio di mortalità, al netto dei fattori precedenti.

Consumo di Suolo

Tra le grandi città, Torino ha il grado più alto di artificializzazione (65% di suolo consumato), incrementato di 5 ettari consumati nel 2019, dopo una flessione nel 2018.

Raccolta Rifiuti

A Torino la raccolta differenziate è ancora troppo bassa: 47,7% nel 2019 rispetto agli obbiettivi europei (64% nel 2012). È però significativo il fatto che essa presenti dati molto diversi rispetto ai quartieri, tra quelli che hanno introdotto il porta a porta e quelli che non l’anno fatto. In quelli in cui è presente, la media è di 57,4%.
Per quanto riguarda le ecoisole, laddove negli anni passati erano state sperimentate le ecoisole (area di Corso Traiano), si è avuto un incremento di differenziata dal 32,3% del 2018 al 68,3% del 2020, anche superiore alle aree a raccolta porta a porta.

Il verde a Torino

Su 130 chilometri quadrati di superficie comunale, 21 chilometri quadrati sono occupati da aree verdi pubbliche, il 16% del totale e 320 chilometri di viali alberati, con 65.000 alberi, per un totale di 160.000.
Questo verde non è però sempre distribuito in modo uniforme.

Impatto dei Cambiamenti Climatici

Le nostre città sono esposte a due tipologie di minacce, in relazione al cambiamento climatico: le ondate di calore da una parte, e i fenomeni estremi di precipitazione dall’altra (siccità e precipitazioni a carattere alluvionale.
Le ondate di calore interessano tutto il territorio, ma sono più pericolose per gli abitanti delle città, per il fenomeno climatico noto come isole di calore, per cui nei centri abitati le temperature sono più elevate rispetto alle campagne circostanti, specie nelle ore notturne.
Le precipitazioni annue complessive non sono aumentate in maniera significativa, ma si concentrano in un numero inferiore di giorni, sottoponendo la capacità di drenaggio del suolo (spesso diminuita a causa della cementificazione urbana) a uno sforzo supplementare: aumenta così il rischio di frane e allagamenti. Nel mese di giugno 2019 a Torino sono caduti cento millimetri di pioggia in dodici ore, quando le precipitazioni annue raggiungono in media i mille millimetri: in pratica, in una sola giornata abbiamo avuto il dieci per cento delle precipitazioni di un anno intero.
Dal 1970 al 2012, a Torino si è avuto un aumento di 600 (+33%) decessi per eventi climatici estremi.

Mobilità Alternativa a Torino

Attualmente a Torino si estendono 197 km di piste ciclabili in costante aumento (nei prossimi anni, dovrebbero essere realizzate 7 nuove ciclovie per un lunghezza complessiva di 12 km) e 381 km di strade 20/30 km/h.

PROPOSTE PER UNA TORINO PIÙ SOSTENIBILE E PIÙ SANA

Non si ha la pretesa di dare una risposta a tutte le questioni che sono state illustrate nel paragrafo precedenti, ma si proverà a tracciare un quadro di come potrebbe configurarsi una Torino diversa.
Il concetto chiave è che occorre cambiare il paradigma: l’obiettivo non deve essere il benessere economico, la crescita e lo sviluppo. Il benessere dei cittadini di Torino deve essere funzione della qualità dell’ambiente, dei servizi e della salute dei cittadini medesimi.
Oggi emergono nuovi modelli di città, c’è urgenza di spazi di prossimità e vi sono problemi sociali, ambientali ed economici interconnessi: la crisi sanitaria ha dimostrato che la nostra società è basata su stili di vita non più sostenibili. La città, com’è e come è stata vissuta ed organizzata sino ad oggi, presenta tutta una serie di problemi (inquinamento atmosferico e acustico, spazi pubblici trascurati e insufficienti) che le regole di distanziamento sociale conseguenti al virus riportano in primo piano. L’insufficiente quantità di verde (in particolare, verde di prossimità e diffuso nelle strade), oltre a ridurre la capacità di contrasto all’inquinamento atmosferico, rende i brevi spostamenti a piedi e in bici meno facili e gradevoli.
È necessario favorire la conoscenza, da parte dei cittadini, dei principi della sostenibilità ambientale, sociale, economica e diffondere una cultura che abbia alla base la condivisione e la partecipazione, un cambiamento culturale (comunità sostenibili) e fisico (città sostenibile).
Siamo quindi chiamati ad agire in modo veloce ed efficace; è importante non lasciare indietro nessuno e mirare a superare le vecchie e nuove disuguaglianze, ma questo non deve essere una ragione per rallentare il cambiamento di paradigma. È però utile svolgere continui processi di informazione/partecipazione, nonostante, considerati i mezzi limitati delle amministrazioni, ciò non sia sempre possibile.
Gli obiettivi di fermare riscaldamento globale, di realizzare la coibentazione, di raggiungere la decarbonizzazione, di aumentare l’efficienza e la sobrietà devono essere i principali obiettivi.
Occorre avere obiettivi più lungo dei soli 5 anni. Quella che occorre realizzare è una città

  1. Più sana: migliore qualità aria, meno rumore, sicurezza stradale, più socialità.
  2. Verde: che persegue i benefici ecosistemici prodotti dal verde, promuove azioni a tutti i livelli per combattere il cambiamento climatico.
  3. Partecipata: dove vigono i principi di inclusione e sussidiarietà. Che fornisca un’educazione di qualità, equa ed inclusiva e opportunità di apprendimento per tutti. La città e gli insediamenti umani devono essere inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili.
  4. Accessibile: a tutti e tutte, bambini anziani, prioritariamente, a piedi, in bici e con i mezzi pubblici.
  5. Dotata di Servizi di Prossimità, pubblici e privati e attenta alle produzioni locali sostenibili.
  6. Che si prenda cura dei beni comuni: materiali e immateriali.
  7. Vissuta e accogliente: con una pluralità coesa, consapevole dell’interesse collettivo.

Città dei 15 minuti

La città dei 15 min può essere una strada per realizzare quel disegno di ripensamento totale della città di si è parlato nel paragrafo precedente. L’idea di fondo consiste nel riorganizzare la città in modo che i luoghi rilevanti per noi (lavoro, svago, sanità, ecc.) siano collocati entro un orizzonte spazio-temporale di 15 minuti, percorribili o in velocipede, da dove viviamo. Le parole chiave sono ecologia, prossimità, solidarietà, partecipazione; ogni metro quadrato dovrebbe essere destinato a molteplici usi.
Parliamo di uno strumento per la trasformazione della città che migliora l’ecologia ed il benessere degli abitanti ed evita che i mezzi di trasposto siano sovraffollati. Si tratta, evidentemente, di un progetto di lungo respiro che richiede sia una visione d’insieme, sia una progettazione coi cittadini, basata su un’analisi delle peculiarità socioculturali, economiche ed urbanistiche dell’area metropolitana.
Ecco alcuni aspetti critici che la progettualità della “Città 15 Minuti” dovrebbe affrontare.

  • Il mezzo di trasporto prevalente in Città è l’automobile e vi è la mancanza di una reale e percepita di alternativa rispetto a tempi e costi.
  • Elevata congestione nei pressi degli istituti scolastici in orari di ingresso ed uscita.
  • Abitudine di accompagnare e andare a prendere i figli a scuola in auto.
  • Mancanza di infrastrutture (piste ciclabili, stalli per biciclette nelle scuole) e scarsa consapevolezza dei valori positivi della mobilità attiva.
  • Picchi di domanda (ovvero affollamento sui mezzi pubblici ed elevati livelli di congestione stradale) negli orari di punta la mattina e il tardo pomeriggio.
  • L’attuale piano orari delle attività cittadine (istruzione, commercio, servizi, uffici, imprese) è stato definito in tempi pre-COVID19.
  • Scarso coordinamento dei tragitti.
  • Scarsa efficacia dei mobility manager.
  • Scarsa propensione al car pooling.
  • Limitate possibilità di intermodalità (scambio modale) tra mezzi pubblici e mobilità attiva.
  • Limitata integrazione tra l’offerta di servizi pubblici e privati.

Ed ecco i principali vantaggi che la “Città a 15 minuti” porterebbe:

  • Minori emissioni e migliore qualità dell’aria.
  • Miglioramento della salute.
  • Minore inquinamento acustico.
  • Risparmio economico.
  • Promozione dell’immagine pubblica (marketing urbano).
  • Risparmio di tempo.
  • Maggiore vivibilità spazio urbano.
  • Sicurezza stradale.
  • Vantaggi per la salute.
  • Qualità dell’aria.
  • Vivibilità spazio urbano
  • Maggiore sicurezza stradale
  • Autonomia dei bambini e dei ragazzi.

Quali sono, allora, le principali strategie per realizzare la “Città dei 15 Minuti?”

  1. Avviare un percorso di collaborazione con l’Università ed il Politecnico di Torino per coinvolgere le loro competenze nella riprogettazione della nostra città, in tutti i suoi aspetti.
  2. Nuove aree pedonali in tutti i quartieri.
  3. Rafforzamento della rete ciclabile.
  4. Sviluppo e sostegno del commercio di prossimità.
  5. Aree verdi diffuse. Associazioni che gestiscono i giochi dei bimbi nei parchi, orti urbani giardinaggio condiviso. Valorizzare ogni caratteristica del quartiere, anche i monumenti e gli edifici storici.
  6. Promuovere, agevolare e regolamentare il coworking e lo smart working (per diminuire i picchi di domanda).
  7. Incoraggiare i cittadini a fruire, quanto più possibile, delle attività e dei servizi presenti «nel vicinato» e raggiungibili in breve tempo utilizzando i sistemi di mobilità attiva: piedi, bicicletta, monopattino (tradizionali o elettrici).
  8. Mappa interattiva disponibile come app su smartphone che consenta agli utenti di visualizzare gli spostamenti possibili in 15 minuti utilizzando i sistemi di mobilità attiva: piedi, bicicletta, monopattino.
  9. Gli interventi più rilevanti sono quelli sulla mobilità che verranno trattati a breve.
  10. Rimodulazione degli orari delle diverse attività cittadine (uffici pubblici, scuole, aziende, esercizi commerciali) al fine di «appiattire la curva di domanda di trasporto» (ovvero evitarne i picchi).
  11. Cambiamento delle abitudini e dell’organizzazione quotidiana (che è ormai già cambiata). Sarà necessario che tutti i cittadini si predispongano e si adattino a svolgere determinate attività in momenti diversi rispetto a quanto era prassi pre-COVID19, abbandonando l’aspirazione di tornare alla “vecchia normalità” anche per quanto riguarda gli orari lavorativi, ad esempio.
  12. Incentivare la consegna della spesa (o altri acquisti) a domicilio con Cargo-Bike tradizionale o elettrica.
  13. Servizi diffusi in tutti i quartieri:
    • Servizi sanitari: Casa della salute, assistenza medica a qualsiasi ora del giorno e della notte, ambulatorio codice verde, pronto intervento per piccoli infortuni, servizi sociosanitari per disabilità, dipendenze, malattie mentali e neurologiche invalidanti, consultorio, farmacia notturna.
    • Servizi base alla cittadinanza: Uffici anagrafe aperti un pomeriggio e il sabato mattina, punto carabinieri e/o polizia, uffici passaporto decentrati, posta e prelievo pacchi a casa, sportelli bancari, CAF. Portiere di quartiere o di zona in un chiosco, che procuri servizi di piccola manutenzione, da usare anche per deposito pacchi ecc.
    • Scuola e cultura: Nidi, scuola primaria e secondaria, aule studio per adolescenti e universitari, spazi aperti fuori orario scolastico, pedibus, corsi d’italiano per stranieri, biblioteca con spazio dedicato ai bambini e al coworking, biblioteca diffusa e scambio libri. Casa Laboratorio dove svolgere attività artistiche. Ludoteca, oratori, cinema di quartiere anche all’aperto. Casa della cultura: cinema, teatro musica, letture, spazi espositivi. Centri aggregativi polivalenti collegati alla Circoscrizione, intergenerazionali, interculturali, polifunzionali, casa del quartiere, spazio per adolescenti, gabinetti pubblici. Teatro di strada, teatro dei burattini, cortili aperti, reading, ecc.
    • Commercio di prossimità: Mercato rionale, spazi per contadini (prodotti km 0), alimentari, librerie (per adulti e ragazzi/bambini), cartolerie, ferramenta, casalinghi, artigianato (es. falegname, calzolaio, sartoria, copisteria, idraulico) aperti anche al sabato per piccoli interventi e bottega apprendistato con uso di spazio/attrezzi anche per abitanti e per giovani. Bar e ristoranti con riviste e libri. Artigianato particolare (es: pietra, ceramica, vetro, mosaicisti).
    • Sport: Campi da gioco e sport per tutti/e (es. calcio a 5, beach volley, tennis, pattinaggio, ecc.) e piscina, spiaggette sul fiume con acque balneabili.
      f) Riutilizzo dell’esistente: Censimento luoghi pubblici vuoti e riuso provvisorio edifici e spazi pubblici abbandonati con costi d’affitto contenuti.

Mobilità e Gestione del traffico

L’enormità delle sfide del nostro tempo, in particolare quelle ambientali, richiede, che si compia ogni sforzo per tentare di scongiurare un collasso climatico, ambientale e sanitario. L’ambito della mobilità urbana è uno dei principali contesti in cui occorre una modifica radicale, anche nell’ottica della Città 15 minuti descritta nel paragrafo precedente.
Il concetto chiave è quello di città sostenibile, quindi mobilità sostenibile per ridurre incidentalità e inquinamento, moderazione del traffico, riequilibrare lo spazio delle strade, oggi destinato in modo sbilanciato alle automobili (ferme o in transito), più verde, più spazi di socialità. Occorre una diversa organizzazione dello spazio pubblico e fornire al tempo stesso indicazioni utili per un ripensamento futuro dello spazio pubblico nella direzione di una maggiore sicurezza e sostenibilità.
Le persone scelgono la soluzione più comoda, non necessariamente la più economica; se il mezzo che si usa diventa meno comodo, si scelgono le alternative che però vanno create: ciclabilità, trasporto pubblico serale, ecc.; in questo senso, occorre dare e togliere.
Gli interventi vanno quindi fatti sulla politica del trasporto: ci si muove con orari diversi, rispetto al passato (ad esempio quelli notturni) ed occorre contenere gli spostamenti in automobile, convertendoli a forme di mobilità sostenibile, permettendo di effettuare gli spostamenti in sicurezza a piedi, in bici, con e-bike e in monopattino così da ridurre il numero delle auto circolanti. Ciò produrrebbe un risparmio sulle spese legate all’auto, ridurrebbe gli incidenti stradali e quindi la pressione sul sistema sanitario. Secondo i dati ISTAT, la media degli spostamenti a Torino è di circa 3 km, il 42% dei quali è percorso in auto, il 29% con bus, metro e tram ed è quello l’ambito su cui occorre primariamente intervenire.
Uno degli obiettivi deve essere di avere una città più “camminabile”, perché essa presenta innumerevoli vantaggi: permette di vivere più a lungo (l’inattività è la quarta causa di morte), di perdere peso e riduce il rischio di malattie croniche, aumenta la felicità, la sicurezza stradale, la sicurezza, la socialità e rafforza i legami di comunità, sviluppa l’economia, il turismo e i posti di posti di lavoro (per ogni euro investito in opere di pedonabilità e ciclabilità, si ha un ritorno di 11,8 euro) e riduce l’inquinamento atmosferico, acustico, il consumo di suolo e le emissioni climalteranti e migliora la resilienza climatica.
I nodi fondamentali sono quattro, ovviamente non indipendenti l’uno dall’altro e collegati dal concetto chiave dell’intermodalità: trasporto pubblico, pedonalizzazioni, ciclabilità, parcheggio.

  1. Intermodalità.
    Con questo termine, intendiamo la possibilità di utilizzare diversi mezzi di trasporto in città, in modo dinamico, passando dall’uno all’altro (ad esempio da mezzo pubblico a bicicletta e viceversa) con facilità per effettuare gli spostamenti. La funzionalità dei nodi intermodali va, pertanto, migliorata, soprattutto di quelli posti in zone periferiche, in modo da evitare tragitti in città con l’auto privata.
  2. Trasporto Pubblico.
    Naturalmente, per ridurre l’inquinamento, è essenziale investire nel miglioramento del servizio di trasporto pubblico e penalizzare l’uso dell’automobile. Occorre, pertanto, realizzare le seguenti azioni:

    • Investire fortemente sul parco bus e tram al fine di raddoppiarlo. I nuovi mezzi devono essere più curati, con migliore ventilazione a bordo e alimentazione elettrica. Essenziale, quindi, un rinnovo del parco dei mezzi, magari sfruttando le risorse del PNNR.
    • Bisogna aumentare il numero di corse, creare nuove linee di tram e filobus, potenziare quelle già esistenti, investendo soprattutto su linee di forza, preferibilmente tramviarie, per sfruttare la rete esistente e per beneficiare della trazione elettrica in termini di impatto ambientale.
    • Importante anche l’ampliamento dello spazio di attesa in corrispondenza delle fermate di TPL, mediante chiusura al traffico del tratto di corsia veicolare compreso fra la banchina della fermata e il marciapiede (come già fatto in via Madama Cristina) attraverso inserimento di archetti portabici, per favorire l’intermodalità bici+TPL. Fermate più adeguate ai servizi per i cittadini sono altrettanto fondamentali.
    • Utile anche l’istituzione di biglietti validi 30-45’ a prezzi ridotti (0,60-0,90 €).
    • Si può altresì pensare all’istituzione di un unico sistema di abbonamento per i mezzi pubblici, i mezzi condivisi (biciclette, monopattini, auto) ed il servizio Taxi. Il sistema potrebbe basarsi sull’istituzione di un “portafoglio” elettronico ricaricabile che permetta attraverso una sola forma di pagamento e abbonamento di utilizzare tutti i mezzi di trasporto pubblico e condivisi.
    • Sicurezza a bordo: aumento della presenza del personale e della polizia e installazione di telecamere a circuito chiuso.
    • Mitigare gli effetti economicamente negativi nei confronti dei soggetti più esposti delle normative europee sulla circolazione dei veicoli con motori inquinanti offrendo loro agevolazioni per la fruizione dei mezzi pubblici.
  3. Gerarchia stradale, Pedonalizzazione, Moderazione del traffico
    Nel quadro degli obiettivi di sostenibilità urbana non più eludibili è imperativo un cambiamento radicale della concezione e dell’organizzazione del traffico in città. Gli strumenti più significativi, oltre alla ciclabilità (di cui si parla sotto) e dell’intermodalità (vedasi sopra) sono le zone 20/30 e le pedonalizzazioni.
    Il punto chiave è che gli spostamenti intraquartiere, ossia quelli di lunghezza inferiore ai 3 km, oggi effettuati in misura del 42% in automobile, sono in gran parte realizzabili con mezzi differenti dall’automobile. Le micropedonalizzazioni realizzate in S. Salvario sono una primissima risposta parziale agli enormi problemi citati, ma da qualche parte occorre iniziare.
    Studi che risalgono già agli anni ‘60 dimostrano che incrementando le possibilità di circolazione (più vie aperte, più corsie, ecc.), il traffico peggiora invece di attenuarsi (si tratta di un andamento evidentemente controintuitivo). Inoltre, i parcheggi sono attrattori di traffico: più parcheggi ci sono in una certa zona, più aumenta il traffico in quella zona (anche questo è controintuitivo). Con provvedimenti che rendano un po’ più difficoltoso il traffico degli assi intraquartiere, si inducono le persone a cambiare alcune abitudini ed a smettere di utilizzare le auto, diminuendo il numero di veicoli circolanti e riducendo l’inquinamento atmosferico. Questa è, in parte, la ratio delle pedonalizzazioni. Diverso il discorso degli assi interquartiere, dove al più, occorre agire per mitigare la velocità dei veicoli, al fine di incrementare la sicurezza stradale.
    Nel medio periodo, vi sarà ancora una grandissima fetta di utenti che saranno obbligati ad adoperare l’automobile per la maggior parte dei loro spostamenti (anziani, malati, disabili, persone che lavorano distanti dalle proprie abitazioni), ma un punto essenziale che gli utenti della strada non colgono, è che, una volta ridotto il numero di auto, il traffico diventa più fluido anche per chi è obbligato a usarle: è quindi un vantaggio per tutti. Del resto, una volta realizzato un intervento, occorre però un certo tempo per metabolizzarlo e indurre i miglioramenti strutturali.
    Laddove si pedonalizza, migliora sensibilmente il volume d’affari dei commercianti (vedasi pedonalizzazioni del centro) e anche se sembra che cambiando regime il benessere di qualcuno diminuisca, sul lungo periodo il benessere di tutti aumenta. Purtroppo, non c’è sempre questa consapevolezza.
    È opportuno ribadire che i pedoni e i ciclisti (perfino gli utilizzatori dei monopattini) hanno gli stessi diritti degli automobilisti ed oggi lo spazio pubblico è destinato in modo sbilanciato alle automobili e le pedonalizzazioni, particolarmente quelle davanti alle scuole, hanno comunque un intrinseco valore positivo, come spazi di socialità e di perequazione dell’utilizzo dello spazio pubblico a favore dei pedoni, rispetto ad un impiego oggi troppo sbilanciato a beneficio degli automobilisti.
    Inoltre, per una migliore qualità urbana è importante il verde (vedasi paragrafi successivi), che va sempre potenziato: non c’è strada in cui non possano essere inseriti due alberi, a vantaggio se non della qualità dell’aria, della gradevolezza del paesaggio urbano. La sostenibilità deve essere anche sociale: i cittadini che escono di casa e trovano spazi gradevoli dove sostare, dove incontrarsi, creano comunità, assumono una responsabilità verso lo spazio pubblico che non è solo nostro ma è di tutti. La politica delle pedonalizzazioni va in questo senso.
    Le azioni da portare avanti sono le seguenti:

    • Definire una gerarchia della viabilità che preveda
      • Zone a 30 km all’ora (non solo limitate ai controviali).
      • Aree pedonalizzate, sempre maggiori e sempre piè estese che incoraggino la fruizione di prossimità/di quartiere.
      • Si può pesare altresì ad aree pedonali periodiche.
      • Ampliare i marciapiedi stretti per agevolare gli spostamenti a piedi e passaggi pedonali a livello del marciapiede.
      • Estensione del limite di 30 km orari a interi quartieri, esclusi gli assi di collegamento interquartiere, mediante inserimento di apposita segnaletica orizzontale e verticale, con modifiche dei sensi unici per prevenire il traffico di attraversamento.
      • Ampliamento permanente di spazi per i pedoni in corrispondenza dei servizi pubblici mediante pedonalizzazioni, strade a priorità ciclabile, zone d’incontro ecc.
    • Il problema delle pedonalizzazioni, inserito all’interno degli obiettivi di mobilità sostenibile, va affrontato a scala cittadina e non solo di quartiere, valutandone tutti gli aspetti, comprese le dinamiche delle reti di mobilità (automobilistica, ciclabile, pedonale, ecc.). Le pedonalizzazioni fatte bene hanno funzionate tutte. Le aree pedonali, naturalmente, non devono essere semplicemente delle zone di asfalto, con un cartello “divieto di transito”, ma devono essere attrezzate con panchine, arredi, magari tavoli da ping-pong, ecc., se non addirittura, campetti da calcio a 5, pallavolo, pallacanestro e, possibilmente, trasformate in parte in aree verdi, con alberi e arbusti, “tagliando” l’asfalto (vedasi paragrafo successivo).
    • È inoltre necessario che l’Amministrazione Comunale riprenda a misurare i flussi veicolari di traffico negli incroci rilevanti, attività che si è interrotta quasi completamente negli ultimi 4 anni e senza la quale è impossibile una programmazione seria degli interventi.
    • Strade per giocare: Chiusure temporanee di via con posizionamento di transenne mobili, presenza di un adulto volontario e con indicazioni definite in uno specifico manuale d’uso per organizzare gli spazi e proporre attività ludiche garantendo il distanziamento necessario.
    • Chiusura delle strade antistanti gli ingressi delle scuole per garantire il necessario distanziamento sociale mediante inserimento di dissuasori manuali ribaltabili solo dai residenti e dai mezzi di soccorso.
    • Moderare la velocità nelle vie interquartiere, per aumentare la sicurezza e diminuire l’inquinamento.
    • Organizzazione di un servizio di consegne con bici cargo a scala di quartiere in collaborazione con il commercio di prossimità (vedasi paragrafo “Città 15 minuti”).
    • Continuare a sostenere il car sharing e il bike sharing.
    • Mobilità scolastica sostenibile. Ossia messa in sicurezza/riqualificazione dei percorsi casa-scuola e delle aree scolastiche d’ingresso con chiusura e pedonalizzazione, anche con progetti di collaborazione con i docenti e gli studenti come nel progetto “la Città va a Scuola”. Specificamente ridurre il traffico nelle fasce orarie di accesso alla scuola e incentivare una mobilità attiva per bambini/adolescenti e accompagnatori. Ciò implica
      • Incentivare gli studenti a percorrere il tragitto casa-scuola in modo attivo: a piedi (pedibus) o in bici (bike to school), eventualmente accompagnati da nonni, parenti o altri volontari (eventuale servizio di noleggio biciclette per gli accompagnatori).
      • Per chi abita più distante, istituire un servizio scuolabus anche in città (mezzi dedicati per gli studenti, elettrici noleggiati dalla scuola, a carico delle famiglie).
      • Vietare il parcheggio delle auto nei dintorni delle scuole, aumentare la dotazione di stalli per biciclette davanti agli istituti scolastici e nei relativi cortili.
      • Favorire gli spostamenti autonomi ed attivi da parte dei bambini non solo limitatamente al percorso casa-scuola, ma per raggiungere vari luoghi in città.
      • Formare alla mobilità attiva (comunicazione, educazione e formazione).
    • Razionalizzazione e rilancio del sistema di MobilityManagement sia a livello aziendale che a livello di istituzioni pubbliche.
    • Ridurre gradualmente il limite di velocità in tangenziale a 120km/h.

Mobilità Sostenibile, Ciclabilità

Occorre, evidentemente, sviluppare la mobilità sostenibile per ridurre incidentalità e inquinamento e riequilibrare lo spazio delle strade: infatti, come dicevamo, lo spazio pubblico non è attualmente ripartito in modo equo tra i modi di spostamento.
La quota modale relativa alla bicicletta resta limitata in Torino (5-6%, dati ISFORT): la bicicletta viene considerata poco attrattiva per compiere spostamenti anche da parte di persone che potrebbero utilizzarla in sicurezza (ossia persone senza impedimenti fisici).
Le azioni di portare avanti, pertanto, sono le seguenti:

  1. Applicare il principio di equa ripartizione tra i modi di trasporto dello spazio, attualmente destinato prevalentemente al transito di automobili: ¼ per gli spostamenti a piedi, ¼ per quelli in bicicletta e monopattino, ¼ per il trasporto pubblico, ¼ per le automobili. Il principio di equa ripartizione dovrà essere modulato in base alle specificità delle varie aree della città attraverso un confronto con residenti e commercianti di zona, affinché ogni cittadino abbia la possibilità di esprimersi in merito al ridisegno dello spazio urbano (vedasi paragrafo successivo sulla partecipazione).
  2. Occorre continuare a realizzare piste ciclabili protette e controviali ciclabili (seguendo criteri che permettano di renderle davvero fruibili dagli utenti) e di linee di “bicipolitane” che colleghino Torino con l’hinterland e la Città Metropolitana. Queste devono essere fatte con criteri di Sicurezza e continuità: fare una pista ciclabile non significa infatti limitarsi a disegnare delle strisce sull’asfalto, queste devono essere protette, possibilmente soprelevate. Fondamentale la messa in sicurezza degli incroci e l’interconnessione fra i percorsi. Nonché l’individuazione di assi su cui concentrare la mobilità ciclabile in modo prioritario.
  3. È necessario favorire l’intermodalità, con la creazione di nodi intermodali (dotati di possibilità di noleggio bici, materiali di promozione turistica del territorio, ciclofficine, ricarica di veicoli elettrici, negozi per beni di prima necessità), con realizzazione di parcheggi di interscambio per biciclette presso tutte le stazioni ferroviarie e degli autobus. Realizzare una rete di servizi per i ciclisti, come bike park coperti e custoditi in prossimità dei principali snodi di interscambio. Presenza di archetti portabili in ogni isolato, densità maggiore in corrispondenza dei servizi pubblici e, in generale, delle aree ad alto rischio di assembramento.
  4. Necessaria è altresì l’installazione di rastrelliere per biciclette sui bus urbani e suburbani.
  5. Si può pensare all’attribuzione di un bonus pari a 500€/anno a tutti coloro che utilizzano la bicicletta in città/area metropolitana come mezzo per compiere i propri spostamenti, per almeno 3000 km/anno (il bonus non verrà erogato a quanti fanno ciclismo per sport).
  6. È ipotizzabile un accordo tra le aziende di trasporto pubblico e i rivenditori per l’acquisto di biciclette pieghevoli a condizioni agevolate.
  7. Occorre, infine, una campagna di comunicazione concordata con il SSN volta ad enfatizzare i benefici dell’uso della bicicletta sulla salute.

Parcheggio

Posteggiando l’auto sul suolo pubblico si occupa il suolo stesso, per questo chi lo utilizza ne paga l’occupazione (come lo fa chi utilizza i dehors, ecc.). Non esiste un diritto al posto auto, tantomeno al posto auto vicino a casa.
Molto spesso la sosta (a pagamento) viene considerata come la causa della riduzione dei profitti dei commercianti.
Gli studi effettuati dimostrano altresì l’inesistenza della correlazione fra diminuzione dei parcheggi e diminuzione dei profitti dei commercianti: in alcun centro cittadino al mondo è accaduto che i ristoratori abbiano visto un abbattimento dei profitti a seguito di misure relative alla sosta, come l’introduzione sosta a pagamento o l’aumento di tariffe.
L’intuizione ci dice che per risolvere il problema dei parcheggi sarebbe sufficiente farne di più. la scienza, però, ci dice che le cose non stanno così. L’offerta, di parcheggio condizione la domanda provocando una dipendenza che è psicologica più che fisica: il parcheggio è diventato fine a sé stesso. Più parcheggi si realizzano, più il traffico aumenta (i parcheggi sono attrattori di traffico), più aumenta la necessità di parcheggio: un circolo vizioso, il paradosso del parcheggio.
L’unica via per uscire da paradosso è cambiare completamente il punto di vista, privilegiando, in città, i mezzi differenti dall’auto privata.
Occorre quindi:

  1. Ridurre il numero complessivo dei parcheggi, che sono anche attrattori di traffico, concentrandoli in periferia (parcheggi di assestamento), e nelle aree di interscambio (fermata metropolitana, SFM, capolinea delle linee forti del TP), non realizzare o ridurre i parcheggi nelle zone centrali.
  2. Aumento della tariffa della sosta man mano che dalla periferia (dove la tariffa deve essere molto bassa, per favorire l’intermodalità) si va verso il centro (dove i parcheggi devono essere molto cari).
  3. Fornire un minimo di informazione/comunicazione su tale meccanismo.

Inquinamento acustico e movida

Questa sezione è tratta dalla proposta che ho elaborato per l’Associazione Rispettando S. Salvario, di cui sono segretario, ed è stata proposta ai candidati sindaci (la trovate qui).
Dopo il traffico stradale (che può essere contrastato con i provvedimenti esposti nei paragrafi precedenti), la movida, o piuttosto la “malamovida” è la principale fonte di inquinamento acustico della città, che ha gravi conseguenze sui cittadini
L’UE ha più volte messo in mora l’Italia per l’eccesso di rumore.
Inoltre, vi è il rischio legato all’attuale pandemia. Secondo il Piano Pandemico, la movida è uno dei più gravi fattori di rischio per la proliferazione del contagio.
Si è consentito un uso indebito del territorio urbano, che da risorsa comune è diventato espansione “naturale” dei locali di intrattenimento notturno.
I problemi delle zone di malamovida, a cominciare da S. Salvario, non sono conseguenza del legittimo desiderio di divertimento, bensì dell’illegalità e del senso di impunità che ne deriva, fenomeno alla base di tutti i mali che affliggono l’Italia.
La proliferazione esponenziale, e di fatto non governata, di locali notturni che commerciano prevalentemente o esclusivamente alcool ha provocato l’aumento dei frequentatori, tra i quali sono sempre più numerosi giovanissimi e adolescenti che assediano le vie e le piazze di fronte ai locali. Simili assembramenti di persone, con bicchieri e bottiglie (di vetro) in mano rappresentano già di per sé una fonte di pericolo, perché intere vie risultano impercorribili non solo per le auto private (di chi magari vorrebbe tornare a casa sua), ma anche per le pattuglie dei Vigili, di Polizia e Carabinieri e per i mezzi di soccorso, che sono costretti a rallentare e a fermarsi, e quindi a non poter intervenire con la rapidità richiesta da una situazione di emergenza. Inoltre, la continuità dei dehors crea una lunga barriera che si aggiunge a quella rappresentata dalle folle compatte: in caso di incendio mancherebbero le vie di fuga e si scatenerebbe il panico con conseguenze facilmente immaginabili.
Gli assembramenti furiosi ed incontenibili di giovani (per lo più), spesso col comportamento alterato dall’alcool, che occupano interi isolati per bere, fumare, chiacchierare, insieme alla musica proveniente dai locali, producono un inaccettabile inquinamento acustico notturno fino oltre le h. 3-4, senza alcun riguardo per i diritti dei residenti, nonché degrado urbano (abbandono di rifiuti, orinazione, vomito), ed elevato rischio di contagio da covid. Il livello sonoro spesso sfora i 70 dB, ben oltre i livelli consentiti da leggi e regolamenti vigenti. In più, abbiamo l’invasione di dehors giganteschi ed in numero estremamente elevato, o peggio di spazi occupati dai locali senza alcuna regolamentazione, anche a causa del “Piano di Occupazione Straordinaria di Suolo Pubblico”, spesso non utilizzati e, talvolta, attrattori di degrado e insicurezza. Sporcizia di ogni genere che si accumula nelle strade, sui marciapiedi e fin sui gradini e davanzali delle case
Tutto ciò ha, come conseguenze, l’insorgere di frustrazione e depressione dei residenti e lo scontro sociale tra clienti gestori e residenti.
La consapevolezza che le forze in campo sono poche (Polizia Municipale e Forze dell’Ordine) non contribuisce certo a rassicurare i cittadini che sentono abbandonati ad affrontare da soli una situazione da bolgia infernale.
I controlli sono di gran lunga insufficienti e, anche quando vengono effettuati, le multe sono troppo basse rispetto ai guadagni dei locali, per cui non sono efficaci.
Negli anni sono state effettuate alcune azioni che si sono dimostrate utili, ma non certo risolutive.
Esiste una movida piacevole per chi la pratica e chi ci vive intorno, ed esiste una movida selvaggia, insostenibile sia per i frequentatori sia per i residenti, vantaggiosa solo per gli esercenti che non rispettano le leggi. I due volti della movida sono facilmente riconoscibili.
Nessuno è contro la movida in quanto tale, ma contro la sua degenerazione che mette a repentaglio i diritti fondamentali dei residenti e, soprattutto, la salute di residenti, lavoratori e clienti della movida stessa.
Le zone di Torino interessate dalla movida hanno diritto di ritrovare una normalità di decoro e di vita quotidiana.
È necessario che le Autorità pongano in atto, ciascuno nel campo delle competenze e dei doveri assegnatigli dalle Leggi, tutte le azioni necessarie in modo da garantire ai residenti la fruizione libera dei diritti alla quiete pubblica, al sonno, al mantenimento delle attuali condizioni di salute, al libero e pieno utilizzo dei propri spazi personali e pubblici.
L’amministrazione dovrebbe, pertanto darsi i seguenti obiettivi:

  1. Garantire la “volontà politica” di affrontare e risolvere il problema.
  2. Garantire la preminenza dell’interesse pubblico su quello privato, della salute e del decoro urbano sul divertimento e la valenza economica delle attività commerciali, in particolare nelle zone di “movida”, ed in riferimento all’inquinamento acustico ed al diritto al riposo, quindi la massima intransigenza sul rispetto di tutte le regole, attuazione di controlli e inflizione di sanzioni, comprese quelle di contrasto alla diffusione della pandemia in corso.
  3. Qualità degli Spazi pubblici: Limitare gli spazi occupati dai dehors, non rinnovare la delibera di occupazione straordinaria degli spazi pubblici. Migliorare la qualità dello spazio pubblico, tramite inserimento di alberi e isole di freschezza.

Possiamo riassumere tutte queste richieste in una frase: permettere ai residenti di vivere!
Tali obiettivi potrebbero essere raggiunti mettendo in pratica le seguenti azioni:

  1. Riorganizzare Polizia Municipale e Forze dell’Ordine.
    È una condizione improcrastinabile l’organizzazione di un servizio notturno, con una collaborazione fattiva tra Comune (Polizia Urbana e quindi sanzione amministrativa), Prefettura, Questura (che deve vigilare su legalità e ordine pubblico), che garantisca una presenza attiva interforze, in numero adeguato al numero di utenti della movida presenti sul territorio, così da assicurare sia il controllo di prevenzione, sia il pronto intervento in caso di necessità. Almeno per un periodo, occorre rimodulare, possibilmente a livello cittadino, i turni in modo da concentrare la presenza di Polizia Municipale e Forze dell’Ordine nel periodo notturno e nelle aree di movida in modo da garantire lo scioglimento degli assembramenti e l’allontanamento di coloro che rimanessero sul posto.
  2. Regolamenti e Ordinanze.
    Una delle problematiche principali è l’insufficienza e inadeguatezza di controlli e sanzioni.

    • Permessi: Rivedere le modalità burocratiche di concessione dei permessi così che abbia luogo prima dell’apertura la verifica dell’esistenza di tutta la certificazione prevista dalle normative vigenti in tema di norme antincendio, impianto scarico fumi, impianto idraulico, servizi igienici, sala fumatori, ecc. Le bevande devono essere somministrate solo in bicchiere e non in bottiglia.
    • Licenze: Occorre una moratoria per la concessione di nuove licenze per esercizi di somministrazione di alcolici.
    • Bivacco: Emanazione di ordinanza antibivacco (come hanno fatto, negli ultimi anni, molte città italiane) nelle zone di movida, per risolvere i problemi provocati dalla presenza di gente che mangia, beve e usa la strada per i propri bisogni fisiologici causando degrado ambientale ed igienico. Collaudare e sponsorizzare lo strumento della caparra per disincentivare l’abbandono di rifiuto in qualsiasi posto, attivando sinergie tra amministrazione comunale, circoscrizionale, commercianti e usufruitori.
    • Deroghe: Occorre, inoltre, limitare drasticamente la concessione di deroghe che permettano di non rispettare i regolamenti e le leggi in vigore, in particolare per quanto riguarda le emissioni sonore, gli orari, la chiusura di strade, tutte cose che incidono pesantemente sulla vivibilità del quartiere e sulla sostenibilità della vita.
  3. Controlli e sanzioni
    Ovviamente, il motivo principale per cui si è arrivati a questo punto, è l’insufficienza dei controlli e delle sanzioni combinate.

    • Sanzioni: È essenziale approntare immediatamente un piano di sanzioni efficaci e progressive, tali da scoraggiare le violazioni; multe e chiusura devono essere di entità tale da risultare dissuasive, altrimenti sono inefficaci e permane il senso di impunità. Occorrono limitazione di orario e chiusura temporanea più lunga in caso di recidività.
    • Controlli: Essenziale approntare un piano di controlli a tappeto, che deve proseguire per un intervallo di tempo sufficiente (almeno tre mesi), perché passi finalmente il concetto che le aree di movida non sono delle zone franche ove tutto è permesso, coinvolgendo tutte le istituzioni competenti. Tali controlli devono riguardare ogni aspetto della vita notturna del quartiere, tra cui, ma non limitatamente.
      • Normative edilizie ed igienico sanitarie.
      • Regole concernenti la somministrazione delle bevande alcoliche (ad esempio divieto della vendita a minorenni, con richiesta di esibizione di documento di identità, rispetto delle norme relative alla vendita di bottiglie in vetro, ecc.), il regolamento di Somministrazione di Alimenti e Bevande, di Polizia Urbana ed eventuali specifiche ordinanze.
      • Regole fiscali (emissione di scontrini, rispetto delle norme sulla tutela dei lavoratori, ecc.).
      • Rispetto delle norme relative ai limiti delle emissioni acustiche (dalle h. 22 alle h. 6, massimo 45 dB per le aree prevalentemente residenziali e 50 dB per le aree miste, secondo il regolamento Comunale n. 318) eventualmente anche mediante installazione di strumenti di rilevazione in remoto dell’intensità sonora, con automatismo di sanzione in caso di sforamento.
      • Controlli sugli assembramenti e sul comportamento dei clienti all’esterno dei locali (anche rispetto alle norme sanitarie per il contrasto dell’epidemia da Covid 19), contrasto al bivacco, schiamazzi e comportamenti criminali. Prevenire e impedire qualunque occupazione abusiva del suolo pubblico e il funzionamento a porte aperte. Va individuata e resa pubblica la reale capienza dei locali (interno + dehors) in modo da poter controllare che il numero dei clienti non superi la massima presenza consentita.
  4. Limitazione degli Orari
    • Per i dehors chiusura alle h. 24.
    • Per gli spazi interni, il proseguimento del servizio può essere prolungato fino alle h. 1 solo ed esclusivamente nel rispetto delle seguenti condizioni inderogabili:
      • Il locale deve essere insonorizzato in modo da garantire la completa impermeabilità alla propagazione delle onde sonore.
      • Porte e finestre devono restare chiuse.
      • Nessuno deve sostare all’esterno.
  5. Zone franche extraresidenziali per la movida.
    È imperativo trasferire la movida in aree in cui essa sia sostenibile da un punto di vista urbanistico. Vanno individuate aree idonee (aree industriali o commerciali, Scalo Vanchiglia, Manifattura Tabacchi) ove incentivare l’apertura di locali che possano tenere aperto tutta la notte, proporre musica e spettacoli: degli hub del divertimento serale e notturno, tali da decongestionare le zone sature da “movida”. Gli edifici vanno appositamente ristrutturati e insonorizzati in modo da garantire il rispetto tassativo dei Limite Acustico Notturno. Queste aree devono essere non residenziali e vanno fornite di servizi quali navette bus per chi beve e non deve guidare, stazione mobile delle forze dell’ordine ed ambulanza di primo soccorso. Chi vuole divertirsi deve poterlo fare nella massima libertà e sicurezza consentite dalle norme senza sentirsi rimproverare dai residenti e senza disturbare chi vuole dormire. Per dare l’avvio alle attività, si potrebbe operare con la ricerca, da parte dell’amministrazione, di sponsor, grandi marche che possano fare da apripista e aggregatori di locali.
  6. Educazione, eventi e cultura.
    Per lungo tempo, il termine Movida ha evocato l’idea di veri e propri distretti urbani della creatività e del buon vivere, luoghi della città (spesso i centri storici) in cui esercizi e spazi pubblici operano come crocevia di relazioni, incontri, scambi che incentivano un’esplosione di creatività e concreti progetti d’impresa.
    Oggi, la movida, almeno come è concepita a Torino, è, purtroppo, tutt’altro. Occorrono iniziative volta a ripristinare quella dimensione.

    • Campagna di sensibilizzazione (nelle scuole) tra i più giovani per ridurre episodi di maleducazione.
    • Occorre che l’amministrazione incentivi le attività culturali alternative alla movida come teatro e cinema, sport, occasioni per esprimere creatività.
    • Moratoria degli eventi di grandi dimensioni in ore preserali, serali e notturne.
  7. Allo stesso tempo è opportuno promuovere piccoli eventi di matrice culturale, sulla scia del progetto Local-Mente impostato nell’area di Piazza Vittorio Veneto.
  8. Occorre ipotizzare strumenti che possano indurre ad una riqualificazione commerciale delle aree di movida, nel senso di ricostituzione di quel tessuto storico di artigianato e di attività commerciali di qualità, con orari diurni o al massimo serali (ristoranti), compatibili con un territorio prevalentemente residenziale. Questo può essere realizzato mediante sgravi fiscali, incentivi per i giovani artigiani, adeguamento delle valutazioni catastali, ecc. Vedasi paragrafo su S. Salvario.

Resilienza Climatica

La crisi climatica non è un problema del futuro, ma una realtà del nostro tempo: dobbiamo quindi affiancare alle strategie di mitigazione, che puntano a ridurre l’aumento delle temperature, anche politiche di adattamento, per limitare i danni dovuti al surriscaldamento del pianeta; consapevoli che l’adattamento non può mai sostituire la mitigazione, ma è comunque utile e importante.
Le nostre città, in particolare, sono esposte a due tipologie di minacce: le ondate di calore da una parte, e i fenomeni estremi di precipitazione dall’altra (siccità e precipitazioni a carattere alluvionale).
Occorrono quindi città climaticamente resilienti. Una città resiliente è un sistema urbano che si adegua ai cambiamenti climatici, sociali, culturali, economici e strutturali. Gli eventi disastrosi associati a piogge improvvise ed estremamente intense sono dovuti all’impermeabilizzazione del suolo, perciò occorre rimuovere l’asfalto e sostituirlo con verde e materiali drenanti. La presenza di alberi concorre a ridurre la temperatura della città e a assorbire l’inquinamento.
Per rendere la città climaticamente resilienti, occorrono una serie di interventi:

  1. Realizzare pavimentazioni drenanti (migliori anche dal punto di vista termico -5 °C); l’asfalto si deve usare solo in condizioni eccezionali.
  2. Sistemi di allerta precoce per avvertire i cittadini dell’arrivo di ondate di calore, come raccomandato da tutti gli esperti di città resilienti.
  3. Diffusione di informazioni su come rinfrescare la propria casa, come prevede il piano per le ondate di calore elaborato dal National Health Service britannico.
  4. Teleraffrescamento, per ridurre l’impatto degli impianti di condizionamento individuali.
  5. Aumento delle aree verdi, per ridurre il calore e aumentare la capacità di drenaggio del suolo. È necessario un’attenta pianificazione sulla tipologia di piante prescelte da concordare con degli esperti (vedasi paragrafo successivo).
  6. Promozione e diffusione dei tetti verdi, cioè ricoperti di vegetazione (giardini, orti), per sopperire alla carenza di spazi per le aree verdi.
  7. Costruzione di depositi sotterranei per la raccolta delle acque piovane in eccesso.
  8. Nomina di un chief resilience officer, comunale e/o metropolitano, che si occupi di coordinare gli interventi di adattamento alla crisi climatica.

Verde e Spazi Pubblici

Il verde pubblico, che deve essere il più possibile diffuso, ha un ruolo fondamentale per la resilienza climatica della città, ma più in generale, per il benessere dei cittadini.
Si deve immaginare che la gente cominci a vivere nuovamente lo spazio pubblico, anche se in modo ordinato e organizzato. Lo spazio fisico deve essere riprogettato per essere più sicuro per tutti, con più spazi verdi, e lo spazio della socialità va riorganizzato affinché sia vissuto in modo consapevole, rispettoso, solidale e sulla base di una coscienza comune. Occorre migliorare la gradevolezza del paesaggio urbano, ampliare la rete verde della città, creando dove possibile aree verdi diffuse/giardini di prossimità e inserendo nuovi alberi nelle strade, misure utili per incentivare gli spostamenti sostenibili e per migliorare la qualità dell’aria delle nostre città.
Le aree verdi saranno sempre più centrali nella vita dei cittadini, per questo è necessario investire fortemente su di esse (sia nella gestione delle aree verdi esistenti sia nella realizzazione di nuove), sia come strumento di mitigazione climatica (la presenza di alberi con la loro ombra abbassa la temperatura) e dell’inquinamento (molti alberi e arbusti sono in grado di filtrare l’aria dagli inquinanti), sia come spazi di socialità e rilassamento, perché l’amore per le piante è una caratteristica innata della natura umana.
Da questo punto di vista, occorre porre molto interesse per gli “spazi residuali”.
È necessario quindi:

  1. Introdurre le cosiddette “Isole di Freschezza” (da contrapporre alle isole di calore): piccoli spazi verdi, diffusi, eliminando parti di asfalto, dove le persone possano trovare ristoro, eventualmente socializzare e rilassarsi. La gestione potrebbe essere affidata ad associazioni o gruppi di cittadini.
  2. Piantumare almeno 100k alberi nuovi.
  3. Favorire l’inserimento di verde nei dehors (tramite modifiche al regolamento) e davanti ai negozi con fioriere e piantare rampicanti. Anche i fiori disposti lungo le vie le abbellirebbero: si potrebbe affidare la manutenzione a cittadini volenterosi.
  4. Sostituire gli alberi abbattuti.
  5. Realizzare un piano Api e insetti impollinatori (realizzazione di prati fioriti).
  6. Promuovere/agevolare/sostenere i “Tetti verdi” e gli “Orti altri” (orti sui tetti).
  7. Promuovere l’uso delle borracce e vietare/disincentivare la vendita di bottiglie di plastica da ½ L.
  8. Integrare la modulistica per la concessione dei patrocini da parte delle circoscrizioni con l’impegno da parte dei richiedenti a prevedere all’interno della loro azione sul territorio il superamento dell’utilizzo della plastica.
  9. Promuovere campagne di informazione coinvolgendo tutti i soggetti attivi del territorio.
  10. Organizzare giornate straordinarie di pulizia di parchi, aree verdi e, soprattutto, di sponde di fiumi, torrenti, canali coinvolgendo associazioni, scuole e cittadini.
  11. Creare Foreste urbane al fine di creare zone di raffreddamento, aree per la biodiversità e “trappole per il carbonio”.
  12. Realizzare giardini terapeutici nelle RSA.

Altri interventi per la qualità ambientale

  1. Energia sostenibile ed efficienza energetica.
    • Ultimare il teleriscaldamento. Esso consente, a Torino, di evitare costi sociali, che vanno da 6 a 88 mln l’anno, nonché una riduzione del 3% di emissioni di ossidi di azoto e del 2% di Pm10 che comporta un calo medio del 10% dei decessi legati a problemi di inquinamento. Torino è la città più teleriscaldata d’Italia e questo ha evitato l’emissione di 1,1 mln di tonnellate di CO2, pari a 850 mila auto medie (dati 2018); al 2021 c’è l’impegno di ridurre le emissioni di altre 180 mila tonnellate”.
    • Incentivare energia green. Sviluppare le energie rinnovabili (fotovoltaico, solare termico, pompe di calore) ed in particolare, favorire, le “Comunità Energetiche”. Esse possono essere definite nel seguente modo: “un insieme di utenze che decidono di fare scelte energetiche comuni al fine di massimizzare i risparmi derivanti dall’utilizzo dell’energia, attraverso soluzioni di generazione distribuita e di gestione intelligente dei flussi energetici” (Fonte: Osservatorio GDF Suez).
    • Riqualificazione/efficientamento energetico degli edifici pubblici. Dotare il Regolamento Edilizio di un Allegato energetico avanzato, che obblighi a forti azioni di risparmio energetico e di piccola produzione di energia da fonti rinnovabili, permettendo altresì lo scambio di energia, tendendo cioè verso la realizzazione delle Comunità Energetiche (vedasi punto precedente): spingiamo a riqualificare il vastissimo (pessimo, almeno da un punto di vista energetico) patrimonio edilizio cittadino degli anni ’50-’60. Vietare l’aumento della potenza degli impianti termici, favorendo, invece, meccanismi di consultazione con IREN finalizzati alla realizzazione di una fotografia termica degli stabili, per poi procedere, dove possibile, all’isolamento puntuale delle aree dove sono presenti perdite; si tratta di una strategia ben più vantaggiosa non solo ambientalmente, ma anche economicamente degli aumenti di potenza termica degli impianti. In particolare, occorre l’efficientamento energetico delle case popolari.
    • Introdurre agevolazioni rivolte ai privati per riqualificare/efficientare gli edifici.
    • Monitoraggio costante delle strutture energivore.
    • Occorre inoltre che gli Enti pubblici sfruttino la possibilità di applicare i Criteri Ambientali MINIMI (CAM) negli Appalti Pubblici (Green Public Procurement) che permettono di orientare la domanda pubblica verso acquisti verdi, compreso l’acquisto di energia verde, e dare impulso ad aziende che operano in maniera sostenibile e/o realizzano prodotti sostenibili (imballaggi, cartoleria, cibi nelle mense scolastiche, attrezzature con classi energetiche alte).
    • Inserire in tutti gli appalti e nei capitolati di gara condizioni “Green”.
    • Ultimare la sostituzione dell’illuminazione pubblica con lampade a led, possibilmente alimentate a fotovoltaico (come vi sono in altre città, come a Londra). Utilizzare tecnologie che illumino solo il marciapiede senza mandare la luce verso l’altro. Ridurre l’intensità delle lampade nelle strade di quartiere nelle ore meno frequentate.
  2. Economia Circolare.
    Per quanto riguarda l’economia circolare e del riuso occorre sfruttare anche le opportunità europee al fine di aumentare la raccolta differenziata porta a porta a Torino (oggi al 58%) con l’obiettivo di raggiungere almeno il 70% e di continuare ad installare le ecoisole, sebbene in alcune situazioni (vedasi S. Salvario), occorre aumentarne la capienza.
  3. Stop consumo di suolo
    • “Cucire” i vuoti urbanistici con la creazione di parchi, giardini, foreste urbane.
    • Incentivare/agevolare il riuso di vecchi edifici/terreni già compromessi (vedasi paragrafo sul verde).
    • Stop a nuove costruzioni su campi agro/forestali.
  4. Benessere degli animali.
    • Vietare esibizione di circhi che utilizzino animali nello spettacolo (piena attuazione regolamento comunale di Torino n. 320).
    • Creazione di aree di grandi dimensioni per lo sgambamento dei cani.
    • Vietare l’uso dei pesticidi e/o prodotti chimici (dannosi per la salute) a una distanza di 200 m da abitazioni, scuole, giardini pubblici, parchi.
    • Piantumare siepi e arbusti da fiore (insetti impollinatori).
    • Agevolare l’adozione di cani/gatti malati, anziani, disabili. Avendo un’anima fortemente ANIMALISTA, ritengo essenziale tentare di svuotare i canili ed i rifugi strapieni e dare una speranza agli animali che ivi sono stipati. Il Comune di Fiumicino, Città Metropolitana di Roma, ha approvato all’unanimità un regolamento che incentiva le adozioni di cani anziani e malati, premiando la famiglia adottiva con un budget pari a due terzi dell’importo necessario a mantenere mensilmente il cane in struttura e con una riduzione sulla TARI; il che ha permesso il dimezzamento delle presenze nel canile municipale di Fiumicino. Incentivi simili, proposti a Torino, permetterebbero di risparmiare un terzo dell’importo necessario al mantenimento di un cane in struttura e favorirebbero la diminuzione delle presenze nelle stesse. In tal modo, si produrrebbe un risparmio netto per l’amministrazione. Ci tengo a sottolineare che il regime delle adozioni degli animali nei canili è già oggi molto severo, con diverse forme di controllo e questo dovrebbe scoraggiare chi volesse approfittare dell’agevolazione per poi maltrattare l’animale.
  5. Urbanistica.
    Anche gli strumenti urbanistici vanno rivisti, soprattutto in ottica della prossima approvazione del nuovo piano regolatore.

    • Perequazione e Diradamento Urbanistico: Consentire, attraverso sistemi di perequazione, la creazione della banca del credito edilizio che permetta all’Amministrazione di programmare lo spostamento di SLP (cubatura) da aree eccessivamente dense dal punto di vista abitativo ad aree da riqualificare, liberando spazi per i cittadini e per la realizzazione di servizi pubblici. Torino ha subito il processo di urbanizzazione negli anni ‘50 e ’60 che ha consumato gran parte del suolo del territorio comunale, con un grande densità urbanistiche che non ha lasciato pressoché spazi aperti; si potrebbe oggi pensare ad una prospettiva di diradamento edilizio, che possa sostituire palazzine vecchie e prive di valore architettonico con aiuole e giardini e, spostare l’edificazione in periferia, ad esempio verso le fabbriche dismesse, su suolo già urbanizzato (senza, cioè, consumo di nuovo suolo). Al netto di ciò, occorre congelare gli indici sul consolidato cittadino e porre vincoli forti sul territorio di carattere naturalistico, bloccando il consumo di ulteriore suolo e riconoscendo come tali i pochi terreni ancora adibiti a suolo agricolo.
    • Indici: Rivedere complessivamente al ribasso gli indici delle aree di trasformazione utilizzati finora, limitando a 0,6 l’Indice Territoriale Massimo. In pratica, limitare la cementificazione.
    • Movida: Si dovrebbe prevedere, nel futuro PRG, il blocco dell’utilizzo di determinate aree (aree centrali e storiche o, comunque inadatte ad ospitarlo) per l’intrattenimento di tipo notturno, individuando, eventualmente, al contempo, delle aree periferiche, che necessitano riqualificazione, tali da non provocare disturbo ai residenti, facilmente sorvegliabili ed attrezzabili, dove favorire l’insediamento e l’aggregazione di tali attività di “intrattenimento”, vedasi sezione “movida”.

Informazione, partecipazione ed educazione

Z. Bauman scrive: “La democrazia esiste solo attraverso la perseverante e tenace partecipazione dei cittadini. Una volta che tale partecipazione viene messa a dormire la democrazia finisce”.
Senza cittadini, quindi, non c’è democrazia. Dunque, è importante “catturare”, portare a partecipare più cittadini possibili: quelli che sono già interessati, ma anche quelli che a intervenire non ci pensano proprio. Essere in tanti è il primo obiettivo democratico, e, per questo, occorre mettere a punto i giusti strumenti (banalmente, anche per decidere in che giorni e in che orari c’è la massima disponibilità ad essere presenti da parte dei cittadini) prevedendo magari non solo un incontro, ma anche due o tre. Si presume che in una riunione pubblica (assemblea, commissione ecc.) ognuno parli solo dopo essersi preparato sull’argomento, attraverso la partecipazione a conferenze, letture, incontri con tecnici, ecc.
Essere cittadini vuol dire essere impegnati ed informati, non parlare per soddisfare il proprio ego, o per difendere semplicemente, quando ci sono, i propri interessi (o quelli che si credono tali). Il confronto, quando c’è una base di conoscenze comuni, non ha l’obiettivo di imporsi, ma quello di sostenere la scelta più fondata, la migliore praticabile in quel momento per il bene comune. I metodi per decidere sono svariati, a seconda del tema, del numero dei partecipanti, dei tempi, ma questi sono aspetti tecnici. La cosa importante da tenere presente è che, essendo i tecnici un supporto in ogni fase per conoscere i diversi aspetti del tema che si affronta, la decisione riguarda in gran parte “gli indirizzi e le scelte”, ed è quindi essenzialmente politica. La decisione compete agli eletti. Ma la partecipazione serve a condividere, conforta i politici e motiva i cittadini anche a influenzare le scelte. E in questo periodo di urla e disinteresse, di indifferenza e odio, non è poco.
Appare sempre più importante, specie in questo periodo, che si mettano in atto iniziative educative, fornendo ai cittadini quegli strumenti culturali utili affinché ciascuno possa sviluppare una consapevolezza e un pensiero critico così da agire autonomamente e responsabilmente.
Alcune delle obiezioni agli interventi più controversi (pedonalizzazione, riduzione parcheggi, in alcuni casi ciclopiste), possono essere in parte mitigate, realizzando interventi mediante processi partecipativi. Quando si parla di partecipazione, però, è fondamentale l’informazione/competenza del cittadino per rendere adeguata la sua capacità di valutare e di scegliere: la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali è fondamentale, ma è efficiente solo laddove i cittadini stessi siano completamente informati sulle dinamiche, ivi comprese anche le basi scientifiche di determinate azioni.
I cittadini vanno formati ed informati a partire dalle scuole, per arrivare poi alla comunità locale. Ad esempio, si può partire dalle piazze scolastiche per giungere al recupero di spazi trascurati e aree dove nessuno si riconosce, da valorizzare e di cui appropriarsi. Punto di partenza, per la città di Torino, sono le Circoscrizioni e le Commissioni di quartiere.
In quest’ottica, sono fondamentali i Patti di Collaborazione, come quelli messi in pratica dall’associazione Labsus in collaborazione con EURICSE. La coprogettazione non è un’opzione, ma un vincolo che implica sussidiarietà, accompagnamento dei cittadini attivi, rendendo attuabile l’art. 118 comma 4, della Costituzione, mediante coprogettazione e collaborazione alla pari tra cittadini e amministrazione. Tema centrale, il verde di vicinato e la rigenerazione di immobili.
Lo spazio pubblico, seppure usato tutti i giorni, è usato con poca attenzione. Come gli adulti, anche i giovani non chiedono rispetto alla città: in parte subiscono lo spazio pubblico, in parte interagiscono in modo non sempre positivo (vedasi malamovida).
Lo Spazio Pubblico è la casa di tutti noi, la casa dei ragazzi e l’ideale per lavorare sul profilo educativo, ma anche per costruire identità, affezione e far comprendere che è uno spazio di cui anche loro possono prendersi cura. Occorre che poi ci siano una serie di condizioni ed occorre lasciare spazio perché sia possibile la partecipazione. Gli spazi usufruibili, al momento, sono limitati, perché le nostre città sono concepite a misura di auto e non per una fruizione diversificata. Lo spazio esterno va curato come curiamo la nostra casa.
Ad esempio, la frequentazione della cosiddetta “movida”, con le modalità attuali, rappresenta un utilizzo problematico dello spazio pubblico. Da un punto di vista ambientale, essa produce inquinamento acustico, degrado urbano, e rischia di impattare sulla salute, sia dei frequentatori, sia, soprattutto, dei residenti. Si tratta di un’occupazione dello spazio pubblico, da parte di giovani che, in larga misura, non sono del quartiere e lo occupano, impedendo ad altri cittadini di usufruirne in modo costruttivo. Inoltre, il fenomeno, anche per scelte politiche precise, ha trasformato l’area storica di San Salvario in una zona che di fatto vive solo la notte, con una desertificazione commerciale diurna.
Un primo intervento dovrebbe senza dubbio partire dalle scuole con interventi decisi di educazione ambientale fin dalla scuola primaria.
Ecco alcune linee di azioni da intraprendere per queste finalità:

  1. Coinvolgere le scuole, di ogni ordine e grado, le università, gli istituti di formazione per promuovere azioni diffuse di educazione ambientale. Fornire, soprattutto, educazione sugli impatti della mobilità e delle proprie scelte di trasporto. Educare coinvolgere i giovani nell’immaginare la nuova funzione e le caratteristiche formali dello spazio urbano mettendo in risalto il rapporto tra qualità della vita/benessere/caratteristiche dello spazio/mobilità e il ruolo attivo che i giovani stessi possono svolgere (partecipazione). Occorre educare (non solo i giovani) a guardare e ad attivarsi (educazione civica in situazione autentica, non astratta) verso una città gestita in modo più responsabile e più vivibile.
  2. Creare azioni di recupero e riqualificazione di spazi urbani trascurati e aree dove nessuno si riconosce, da valorizzare e di cui appropriarsi, partendo da quelli introno alle scuole, con la finalità della rifunzionalizzazione degli spazi nell’ottica della pedonalità, dell’estetica, della socialità, della piantumazione di verde, tramite percorsi di formazione/informazione/partecipazione della comunità locale (ad esempio studenti e docenti delle scuole), in collaborazione con le associazioni, sulla scia del progetto del Regina Margherita e del “Verde si fa Strada”.
  3. Incentivare gli orti urbani in collaborazione con le scuole del territorio.
  4. Coinvolgere le scuole in progetti di Educazione agroalimentare.
  5. È fondamentale che la classe dirigente e gli amministratori siano formati e sempre aggiornati sulle tematiche ambientali, urbanistiche e sociali.
  6. Bilancio partecipato in ogni quartiere.
  7. Riorganizzare gli uffici che si occupano dei Patti di Collaborazione così da stimolarli e realizzarne il più possibile.

BENESSERE DELLA POPOLAZIONE GIOVANILE

Oltre alle tematiche ambientali e di mobilità, l’altro ambito di cui mi sono occupato, grazie al lavoro svolto all’interno del mio circolo è quello relativo al Benessere dei Giovani.

La Definizione di Benessere

Che cosa determina il benessere?
Le società avanzate focalizzano le loro politiche prevalentemente sul benessere economico, ma, uno studio dell’Università di Harvard, durato ben 75 anni, ha evidenziato che, una volta soddisfatti i bisogni basilari, il surplus economico non ha effetti positivi, bensì contano soprattutto le relazioni affettive. In concreto, il denaro non genera felicità o salute e, purché si curi il proprio corpo (ad esempio con lo sport) e si evitino fattori negativi come alcol e fumo, il benessere è legato soprattutto alla qualità delle relazioni. Lo studio evidenzia altresì che anche la disciplina rappresenta un elemento che contribuisce al benessere.
Il tema del benessere psicologico è fondamentale e la società inizia a rendersene conto. Si discute molto sui temi economici e ancora poco del benessere. Occorre occuparsi del tema del benessere delle persone in senso onnicomprensivo, anche per sottrarre argomenti al populismo dilagante e combattere l’odio sociale, che trova humus proprio nel disagio e rappresenta l’opposto del benessere.
Dare una definizione di “disagio” non è certo semplice: può essere, semplicisticamente, “stare male”, ma evidentemente il generico “star male” può avere le cause più varie e manifestarsi a livello relazionale, comportamentale, di apprendimento. Di conseguenza è opportuno spostare l’attenzione più sui bisogni che sui disagi.
La salute, ad esempio, è spesso intesa solo di contrasto alla malattia, in realtà essa è governata da fattori bio-psico-sociali e va promossa anche in assenza di malattia. In questo senso, le nostre proposte sono rivolte a tutti i giovani del territorio, non solo quelli problematici.

Disagio giovanile sul territorio

Quando si parla di giovani, assodata la centralità dell’aspetto educativo, è importante segnalare che non sono passivi portatori di un problema, ma soggetti con dinamiche in movimento ed equilibri complessi; possono contribuire in maniera creativa allo sviluppo di sé e al miglioramento della società; sono soprattutto le loro risorse che vanno percepite e valorizzate.
Di seguito, si elencano i nodi principali:

  • Dipendenze, ossia uso (abuso) di alcolici, tabagismo, uso di droga, Abuso/dipendenza da social-media, isolamento da web.
  • Bullismo (nei confronti dei compagni e dei docenti), omofobia e violenza, spesso indice di limitata capacità empatica degli adulti, comportamenti inadeguati nei confronti sia dei docenti che dei compagni, con conseguente menomazione della efficacia dei processi educativi.
  • Disturbi psichiatrici e carenza di autostima, fatica nel superare eventi traumatici, forti angosce, anoressia, patologie strutturate di personalità, dinamiche relazionali conflittuali in famiglia, a scuola o altrove. Sindrome del ritardo. Scarsa conoscenza e padronanza delle tematiche affettive e sessuali.
  • Incidenti e traumi di tutti i tipi.
  • Famiglie in crisi, mancanza di risorse economiche e culturali, frammentazione dei legami sociali e del sistema delle appartenenze.
  • Comportamenti devianti/criminali, manovalanza della criminalità organizzata nello spaccio di sostanze stupefacenti.
  • Difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro.
  • Limitati investimenti economici pubblici per attività educative di gruppo.
  • Gravidanze non desiderate.
  • Disparità di genere

Si rilevano luoghi di aggregazione informale che possono diventare “problematici”, in quanto generatori di criticità nel rapporto fra i giovani e gli altri cittadini che frequentano detti luoghi.
Spesso si osserva, da parte degli adolescenti, un senso di frustrazione legata all’impossibilità di valorizzare le proprie capacità e instaurare relazioni proficue con gli adulti; cosicché la strada diventa sfogo di tale frustrazione, per mezzo di comportamenti devianti.
Rispetto a tutti questi nodi è stato illuminante conoscere con incontri anche diretti la carenza di energie e risorse nel servizio pubblico per l’infanzia e l’adolescenza. Quindi è doveroso iniziare con un richiamo all’importanza del Welfare, pensando alla necessità di un suo rafforzamento e della salvaguardia e valorizzazione a tutti i livelli dei presidi dove si eroga aiuto e sostegno ai processi educativi.
Nelle notti di “movida”, il quartiere diviene luogo spontaneo di aggregazione di moltissimi giovani da tutta la città e dai paesi della cintura. Del resto, è il melting pot di convivenza di persone provenienti da culture diverse, con livelli di istruzione diversa e la presenza capillare di associazionismo a rendere San Salvario un unicum considerato uno dei più vivaci quartieri d’Italia. Allo stesso tempo, le modalità di svago che oggi caratterizzano il quartiere si manifestano, in alcuni casi, come assunzioni massicce di droghe e/o alcolici. In generale, il fenomeno del movida, come (non-)gestito a Torino ha connotazioni estremamente negative (vedasi la sezione relativa alla movida). Una notevole frazione della clientela è sempre più giovane, chiassosa, propensa a prolungare la permanenza notturna negli spazi pubblici del quartiere anche oltre la chiusura dei locali. Una parte dei locali nati negli ultimi anni sono rivolti in particolare a questo tipo di clientela.
Un altro fenomeno che si può osservare è la presenza di numerosi gruppi di giovani stranieri, che non potendo/volendo provvedere al loro sostentamento per vie legali, sono impiegati dalla criminalità organizzata come manovalanza nello spaccio di sostanze stupefacenti.

Benessere Psicofisico ed Educazione

Uno dei fattori maggiormente responsabili del rischio di disagio giovanile, della sintomatologia franca e del peggioramento clinico nei giovani è la limitata capacità empatica degli adulti vicino a loro. L’uso massivo dei social tra adulti, adolescenti e bambini non incrementa la capacità empatica che si basa molto sulla intersoggettività, nella quale la presenza del corpo è essenziale. L’uso massivo dei social è anzi fonte di rischi: influenza e nello stesso tempo risponde alla condizione di isolamento e di ridotta capacità empatica degli adulti.
Alla base dell’intervento verso il giovane ci deve essere la consapevolezza del funzionamento umano in cui concorrono molteplici fattori: biologici, familiari e socioculturali, socioeconomici e intrapsichici (psicodinamici). Secondo la linea attuale della psicodinamica, l’adolescenza rappresenta una tappa evolutiva con dei compiti per la crescita dell’individuo, collegati a fasi della vita. I docenti, ad esempio, non dovrebbero avere un approccio solo orientato all’apprendimento, ma nei confronti dell’allievo in quanto persona. Occorre però ricordare che spesso i docenti non hanno una formazione specifica in merito; inoltre, hanno poco tempo e poche risorse per costruire una relazione positiva con gli studenti.
È importante non cadere in semplificazioni, formando dei gruppi di ragazzi o adolescenti “definiti” e così ghettizzati. L’accoglienza deve essere aperta. È utile altresì passare attraverso una fase di osservazione della “normalità”, che progressivamente metta in luce gli aspetti fragili o problematici.
Fronteggiare i rischi e cercare di porre rimedi con investimenti individuali (per esempio, supporto individuale di un educatore) non rappresenta una efficace soluzione ed un uso efficiente delle risorse. È necessaria una progettazione oculata, guidata da specialisti di luoghi strutturati per la socializzazione per bambini, giovani e adulti al fine di migliorare le capacità di competenza intersoggettiva, relazionale, empatica. La politica è essenziale nel dare indicazioni ed attuare progetti nella direzione succitata.
Nel periodo del lockdown, si è scoperto che tantissime persone hanno bisogno di aiuto, tra cui moltissimi giovani e adolescenti che faticano nel chiedere aiuto. Occorre andare nelle scuole, insegnare che si può chiedere aiuto, che c’è qualcuno disposto a dartelo e insegnare che cosa significa benessere, anche come antidoto contro l’Italia del rancore.
È importante stare dove i ragazzi vivono, perché permette di avere una rete di supporto, che va realizzata con qualità. Fondamentali sono quindi gli sportelli di ascolto nelle scuole; spesso però sono disponibili pochissime ore e sarebbe importante che ci fossero diverse figure che si occupino di genitori, docenti e personale ATA. Spesso non si riesce ad avere continuità perché i bandi sono annuali e le scuole fanno selezione in base a richieste economiche.
Fondamentale è l’utilità di interventi precoci con i bambini delle elementari. Le espressioni di disagio psichico sono da attribuire a situazioni in cui il ragazzo non è stato ascoltato e capito. Gli interventi dovrebbero avere meno caratteristiche di precarietà ed essere stabili in tutte le scuole. Scuole frequentate maggiormente da studenti di ceto sociale abbiente hanno a disposizione più fondi per questi interventi di prevenzione.
Una rapida ricerca ha dimostrato che pressoché in tutti gli istituti scolastici secondari di primo e secondo grado del territorio della ex circoscrizione 8 sono dotati di uno sportello di ascolto psicologico. Purtuttavia, nel corso dei colloqui con le associazioni del territorio, è emerso che non tutti gli sportelli di ascolto (ci si riferisce alle scuole in generale, non specificamente a quelle della Circoscrizione 8) risultano adeguati.
Parlando di benessere psicofisico, non si può eludere il problema legato alle dipendenze e, in generale, all’uso di sostanze psicotropiche, quali tabacco, alcool, droghe di tutti i tipi. Queste sostanze possono anche produrre un benessere immediato, ma alla lunga, diminuiscono la qualità della vita, come dimostrato dallo studio citato all’inizio del paragrafo.
Essenziale, pertanto, il contrasto alle dipendenze e, in generale, all’utilizzo di tabacco, alcool e droghe, in accordo con l’obiettivo 13 dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Questo è certamente difficile da realizzare, a causa di una emergenza educativa che coinvolge una parte dei nostri giovani. Molti tra psicologi, insegnanti, esponenti delle associazioni ritengono che, fra i vari aspetti che caratterizzano l’educazione dei giovani, abbia una notevole rilevanza la difficoltà di trasmissione di valori fra generazioni, ad esempio circa l’etica della disciplina, delle regole, dell’impegno. Oggi molti genitori sono spesso assenti fisicamente, talvolta moralmente, e faticano ad essere un punto di riferimento valoriale e a comprendere i veri bisogni dei figli. Tutto ciò, unitamente alla promozione, a mezzo dei media e dei social network, di stili di vita di tipo consumistico, ha prodotto una generazione senza riferimenti e che manifesta talvolta dei comportamenti non positivi verso sé stessi e gli altri. Il complesso di questi messaggi che giungono ai ragazzi può indurli alla superficialità, ad essere poco inclini all’impegno personale (ad esempio nello studio) e pubblico, individualisti, edonisti ed insofferenti nei confronti dei limiti e delle regole. Oltre ai problemi relativi al contesto scolastico (comportamento inaccettabile nei confronti dei docenti e della scuola in generale, che compromettono l’apprendimento non solo per i responsabili, ma anche per i compagni), comportamenti inappropriati dei giovani sono, ad esempio, alla base di molte delle criticità legate alla movida e vi sono preoccupazioni (confermate da alcuni studi) che gli assembramenti ad essa collegati possano essere un importante vettore di contagio da Covid 19. Fra le possibili strategie che possono essere messe in campo per fronteggiare queste criticità è di un certo interesse la strategia attuata dal governo islandese, lo “Youth in Iceland” (pur tenendo conto delle enormi differenze che sussistono fra Islanda e Italia: un mix di rigore (coprifuoco per gli under 16, ecc.) e opportunità di svago sano, che ha pressoché eliminato il fenomeno delle dipendenze nel paese nordico.
In generale, quindi, la maggiore necessità cui occorre dare una risposta è quella educativa.

Giovani e luoghi di aggregazione

In base a tutto ciò che si è detto, per implementare il benessere dei giovani e contrastare l’emergenza educativa attuale, occorre innanzitutto dare una risposta al forte bisogno di relazione e di aggregazione che i ragazzi hanno: sono molto soli e vi è certamente un deficit di luoghi preposti che abbiano anche una valenza educativa. È importante che i ragazzi passino la giornata insieme, non solo gli adolescenti, ma anche gli universitari, con il possibile effetto positivo di riduzione taluni comportamenti problematici per la collettività, che nel nostro territorio si manifestano, ad esempio, in alcune criticità nelle aree interessate dalla movida.
Inoltre, è evidente come per stare in una società occorra imparare le sue regole, anche in alcuni casi molto rigide, ma è anche importante poterle discutere, spiegarle, comprendere come esse possano produrre benessere continuativo; spesso comportamenti scorretti sono dovuti al fatto che i giovani hanno una bassa qualità di vita e cercano di evadere (con alcool, droghe, ecc.), ma bisogna cercare di chiarire loro che la loro situazione generale può essere migliorata. Anche la creatività emerge quando ci sono dei limiti, delle regole. È giusto quindi, per esempio, porre regole come quelle di non fumare e non bere durante le attività, pur evitando atteggiamenti escludenti. La riflessione educativa da fare è anche sul tempo: alcune associazioni hanno evidenziato come i giovani non sempre utilizzano al meglio quello a loro disposizione, hanno segnalato una tendenza di molti di loro a mancare di intraprendenza, talvolta ad abbandonarsi all’alcool, a vivere la movida quasi tutte le sere Occorre creare poli che siano contenitori di relazione positive, dove ci si possa incontrare e dire la propria, fare educazione civica che non c’è più, imparare e discutere le regole comuni. Gli adolescenti devono esse coinvolti, devono essere protagonisti; chi frequenta i luoghi di aggregazione può, col tempo, ed una complessa maturazione, diventare un aiuto per gli altri ragazzi.
Occorre tenere conto che esiste una concreta differenza tra i ragazzi di provenienza sociale di un certo tipo, che sono indirizzati dalle famiglie e dal loro contesto sociale verso una tipologia di attività della realtà cittadina (Case del Quartiere ecc.), e molti altri ragazzi (e sono la netta maggioranza) che non sono indirizzati in quel senso e non vanno nei Centri di promozione della cultura giovanile. Moltissimi giovani sono oggi poco raggiungibili, frequentano gli spazi informali in maniera meno continuativa di una volta, passano molto tempo con realtà “social” e virtuali, uscendo magari poco di casa.
Non sempre ci sono luoghi dove fare aggregazione “sana”, in particolare per i più giovani, ad eccezione di oratori e parrocchie. Lo sport, come la musica, è un fattore di accesso immediato, un linguaggio attraverso il quale i giovani entrano subito in contatto: un pallone che rotola affascina quasi tutti, ma vi è un deficit di impianti sportivi e spesso i ragazzi si ritrovano presso il giardinetto del quartiere.
In questi ultimi 10/15 anni si è sviluppato un pensiero ed una pratica che ha promosso e creato i Centri del Protagonismo Giovanile: si sono sviluppate le Case del Quartiere e la rete delle Case del Quartiere. I Centri del Protagonismo Giovanile a Torino sono realtà aggregative gestite da associazioni o cooperative sociali con proposte culturali e attività di animazione sociale.
I Centri per il Protagonismo Giovanile sono spazi di socializzazione nati all’interno di immobili dell’amministrazione, con l’obiettivo di far incontrare giovani e far loro sperimentare liberamente le proprie passioni creative e artistiche. Ciascun Centro si caratterizza per lo spazio che offre ai diversi linguaggi artistici (musica, teatro, produzioni video, arti grafiche, pittura, ecc.), mettendo a disposizione dei giovani che li frequentano sale prove, strutture teatrali, impianti musicali, audio-video e multimediali.
Ognuno di questi Centri ha poi preso una sua direzione: qualcuna è diventata una Casa del Quartiere, altre si sono evolute in modi diversi; ad esempio, il Centro di Protagonismo Giovanile presente nella Circoscrizione 8, il CAP 10100, è caratterizzato da una forte natura di centro di produzione artistico-culturale soprattutto nelle discipline del teatro e della musica, con concerti serali e delle modalità che possono in qualche modo ricordare le discoteche.
A molti anni dalla nascita dei centri, il progetto dei Centri di Protagonismo Giovanile ha mostrato potenzialità e limiti.
Un altro aspetto problematico è quello relativo alla riduzione del finanziamento pubblico di questi centri e di conseguenza la loro sostenibilità economica, infatti l’imprenditorialità ha prodotto criticità: è difficile sostenere economicamente spazi che siano solo per i giovani ed è molto importante l’intergenerazionalità.
Un buon contributo ad un intervento nella direzione auspicata oggi necessita di ampi investimenti economici per essere incisivo; il concetto di Impresa Sociale rende possibile una mentalità ed una pratica sostenibile e promotrice anche di reddito. Il meccanismo di autofinanziamento può portare a scarso controllo pubblico delle attività e a volte a discrepanza tra mission e risultati. Se un servizio pubblico ha degli obiettivi di servizio pubblico, ad esempio accessibilità senza pagare, non si può pensare possa essere sostenibile da solo; laddove è possibile è giusto che le strutture si autofinanzino  e la modalità di finanziamento deve essere compatibile con la finalità della struttura (ad esempio se la finalità è l’educazione dei giovani, non è immaginabile che tali strutture si finanzino somministrando alcool ai ragazzi).
I giovani che vivono povertà educativa, isolamento, difficoltà allo scambio intergenerazionale, ecc., devono essere raggiunti con progetti molto vicini al loro reale e concreto interesse; partendo da queste prime aggregazioni poi si può procedere nell’allargamento della visione e della partecipazione.

Giovani e Spazi pubblici

La riflessione sul benessere dei giovani non può prescindere dalle questioni ambientali: l’ambiente urbano incide sulla qualità della vita di tutti, giovani compresi.
Lo spazio pubblico, seppure usato tutti i giorni, è usato con poca attenzione. Come gli adulti, anche i giovani non chiedono rispetto alla città: in parte subiscono lo spazio pubblico, in parte interagiscono in modo non sempre positivo.
Lo Spazio Pubblico è la casa di tutti noi, la casa dei ragazzi e l’ideale per lavorare sul profilo educativo, ma anche per costruire identità, affezione e far comprendere che è uno spazio di cui anche loro possono prendersi cura. Occorre che poi ci siano una serie di condizioni ed occorre lasciare spazio perché sia possibile la partecipazione. Gli spazi usufruibili, al momento, sono limitati, perché le nostre città sono concepite a misura di auto e non per una fruizione diversificata.
Ad esempio, la frequentazione della cosiddetta “movida”, con le modalità attuali, rappresenta un utilizzo problematico dello spazio pubblico. Da un punto di vista ambientale, essa produce inquinamento acustico, degrado urbano, e rischia di impattare sulla salute, sia dei frequentatori, sia, soprattutto, dei residenti. Si tratta di un’occupazione dello spazio pubblico, da parte di giovani che, in larga misura, non sono del quartiere e lo occupano, impedendo ad altri cittadini di usufruirne in modo costruttivo. Inoltre, il fenomeno, anche per scelte politiche precise, ha trasformato l’area storica di San Salvario in una zona che di fatto vive solo la notte, con una desertificazione commerciale diurna.
Un primo intervento dovrebbe senza dubbio riguardare le scuole con interventi decisi di educazione ambientale fin dalla scuola primaria. In molti istituti, queste tematiche sono affrontate, ma si dovrebbe senza dubbio potenziare sempre di più questo ambito, anche creando sinergie tra le scuole del territorio e i soggetti istituzionali e non in possesso delle competenze in materia.
Inoltre, è importante portare avanti un lavoro su altri fronti come ad esempio:

  1. Mettere a disposizione dei giovani nuovi spazi, soprattutto in prossimità delle scuole, sottraendoli all’auto.
  2. Educare coinvolgere i giovani nell’immaginare la nuova funzione e le caratteristiche formali dello spazio urbano mettendo in risalto il rapporto tra qualità della vita/benessere/caratteristiche dello spazio/mobilità e il ruolo attivo che i giovani stessi possono svolgere (partecipazione).
  3. Gli amministratori locali possono essere sollecitati a intervenire anche attraverso il coinvolgimento in progetti del Terzo Settore ma diventa fondamentale portare questi temi all’interno delle forze politiche con un lavoro di informazione/sensibilizzazione. In Città, vi sono anche realtà positive, ad esempio progetti in cui, tramite percorsi di PCTO, i ragazzi si occupano di riqualificazione dei quartieri, grazie ad un’associazione (Piazza Ragazzabile): sistemano panchine, si occupano di decoro urbano e vorrebbero realizzare murales che assorbano CO2. Fondamentale è la questione dei trasporti e la possibilità di camminare per strada, in sicurezza, con interventi semplici. I giovani hanno bisogno di un mezzo pubblico ecologico ed economico che permetta di lasciare a casa il mezzo privato.
  4. Cruciale è altresì il tema degli spazi, anche quelli destinati agli universitari, come le residenze universitarie e le aule studio, che andrebbero, pertanto, potenziate. In quest’ottica è fondamentale il progetto di Torino Esposizioni, che però, allo stato attuale, presenta criticità.

Organizzazione, condivisione e problemi burocratici

La risposta da dare a tutto ciò è l’impegno del mondo dell’Associazionismo, della Cooperazione sociale e della Amministrazioni pubbliche, soprattutto quelle Circoscrizionali. Le risposte di ordine sociale, educativo e politico alle forme di disagio elencate non possano venire trattate unicamente con strumenti socio-educativi. Pertanto, è fondamentale una collaborazione sui territori con le Forze dell’Ordine e con le Amministrazioni Circoscrizionali e Comunali.
Per realizzare tutto questo, inoltre, è cruciali che le associazioni lavorino tutte insieme su progettualità comuni, facciano sistema, costruiscano risposte insieme, abbiano a disposizione luoghi di ascolto e iniziative che dialoghino fra di loro. Centrale, quindi, l’idea di istituire un tavolo sul disagio giovanile, obiettivo che richiede però un notevole sforzo organizzativo.
Un grosso aspetto di criticità è la scarsità di risorse nella pubblica amministrazione, risorse economiche e umane, anche in termini di adeguata competenza e motivazione. Spesso i compiti educativi sono delegati al privato sociale e vi sono problemi competenza e adeguatezza quantitativa delle risorse umane. Si percepisce una difficoltà ad assumersi le necessarie responsabilità, soprattutto in una situazione sanitaria particolare (ad esempio i dirigenti scolastici si rifiutano spesso di fare entrare le associazioni nelle scuole, nelle palestre, ecc.).
Fra tutte le innumerevoli conseguenze negative che ciò provoca, vi è la mancanza di spazi, di cui si è già parlato, per svolgere attività educativa e sportiva. Vi sono associazioni che da 25 anni sono in affitto in luoghi con impianti pessimi e manca la possibilità di fare sport a basso costo.
Per quanto si tratti di problematiche strutturali, connesse alla natura stessa della pubblica amministrazione e di difficile soluzione da parte di un ente locale, è fondamentale che l’amministrazione assuma un’azione forte e coordinata per riorganizzare l’apparato burocratico e tentare di attenuare tali criticità, migliorando il funzionamento della macchina amministrativa, anche nel suo rapporto con le associazioni.

Elenco di Priorità

Si proverà di seguito a fornire una lista di priorità che, sulla base anche di quanto descritto nei paragrafi precedenti, le prossime amministrazioni dovrebbero provare ad implementare per migliorare il benessere dei giovani. Per semplicità si suddivideranno i vari aspetti in punti, anche se  nessuno di questi deve essere considerato come a sé stante, bensì come elemento di un sistema complesso e interconnesso.

  1. Benessere Psicofisico.
    1. Educazione: il benessere, non solo dei giovani, ma della società tutta, passa anche attraverso l’autodisciplina, il rispetto delle regole e dei limiti, la responsabilità e lo sviluppo della creatività individuale, riproponendo la cultura del rispetto reciproco riconoscendo i limiti di ognuno e i valori di una società solidale. Un’attenzione particolare va attribuita come sempre al contesto scolastico per garantire l’efficacia dei processi formativi.
    2. È necessario essere consapevoli di tutto ciò con la coscienza che le regole vanno spiegate. Occorre offrire al contempo occasioni di svago, attraverso la costruzione di relazioni positive e di aggregazione attraverso attività sportive, performative, musicali e culturali, ecc. che sappiano svolgere un ruolo maturativo su più piani.
    3. Prevenzione e contrasto delle dipendenze: occorre prevenire e contrastare, in ogni modo, tutte le forme di dipendenza da sostanze di qualsiasi tipo (anche per attenuare gravi piaghe sociali come lo spaccio e la movida selvaggia), favorire l’educazione alla salute e ai corretti stili di vita. È necessario conoscere ed intercettare sul territorio la popolazione giovanile a maggiore rischio, istruendo sui rischi di assunzione di sostanze, aiutando i giovani a risolvere i conflitti sia interiori, sia esteriori, migliorando la loro qualità di vita, la qualità delle relazioni, il benessere psicologico in modo da rendere meno “attraente” la fuga dalla realtà attraverso le sostanze. Se si danno alternative al consumo di alcool, se si cambia lo stile di vita è più facile superare la tendenza al consumo e alla dipendenza. Fondamentali, a questo fine, interventi di prevenzione nelle scuole, soprattutto di I grado, i progetti di educativa di strada e gli spazi di aggregazione, nonché una stretta collaborazione fra scuole, associazioni, servizi sanitari e sociali.
    4. Prevenzione della Devianza: quanto detto a proposito della prevenzione delle dipendenze vale anche per la prevenzione e il contrasto di fenomeni di devianza, criminalità, bullismo, aggressività verso compagni, docenti ecc., omofobia e violenza (visti anche come indicatori di sofferenza nella relazione interpersonale), nonché per comportamenti devianti/criminali (anche come strumento della criminalità organizzata, ad esempio manovalanza nello spaccio di sostanze stupefacenti). Si tratta di giovani spesso appartenenti a nuclei familiari multiproblematici caratterizzati da un basso livello economico e culturale, da disoccupazione o precarietà lavorativa, talvolta con genitori detenuti. A costoro occorre prospettare e fornire percorsi e stili di vita alternativi e contrastare modelli di comportamento stereotipati. Anche in questo caso, educativa di strada e presenza di spazi di aggregazione sono fondamentali. La devianza e la violenza non possono, però, venire trattati unicamente con strumenti socio-educativi, occorre la collaborazione fra le associazioni, le amministrazioni e le Forze dell’Ordine.
  2. Benessere Psicologico.
    Il trattamento delle situazioni di disagio psicologico dovrebbe essere una priorità assoluta. Frequenti sono i disturbi psichiatrici e la carenza di autostima, compresa la fatica nel superare eventi traumatici, forti angosce, anoressia, patologie strutturate di personalità, dinamiche relazionali conflittuali in famiglia, a scuola o altrove, sindrome del ritardo la scarsa conoscenza e padronanza delle tematiche affettive e sessuali.
    Moltissimi giovani e adolescenti hanno bisogno di aiuto, ma faticano a chiederlo; occorre, allora, andare nelle scuole, insegnare che si può chiedere aiuto. È evidente l’importanza nelle scuole di servizi di ascolto, realizzati da professionisti, a favore degli studenti, ma possibilmente anche verso le altre componenti della comunità scolastica (docenti, genitori, ecc.) con interventi che siano stabili in tutte le scuole. Fondamentale verificare l’efficacia degli interventi e la conformità ai requisiti di legge.
  3. Completamento del percorso formativo e lavorativo.
    L’altro aspetto fondamentale che fortemente influisce sulla condizione dei giovani è la capacità di completare il loro percorso formativo e di ingresso e permanenza nel mondo del lavoro. Nell’ottica di sostenere prima di tutto i giovani più fragili, questi aspetti non possono essere elusi.

    1. Sostegno didattico. Fondamentali sono tutte le iniziative finalizzate alle pari opportunità di accesso allo studio e di contrasto all’abbandono scolastico, come il doposcuola effettuato da diverse associazioni e i progetti di svolti all’interno delle scuole finalizzati a questo scopo
    2. Sostegno alla ricerca di lavoro. Importanti sono le iniziative finalizzate alla rimozione di ostacoli di ordine economico e sociale alla partecipazione attiva al mondo del lavoro e all’organizzazione della società, nonché aiutare i giovani a inserirsi nella società e contrastare fenomeni di emarginazione e devianza. Fondamentali, pertanto, tutte le iniziative finalizzate alla ricerca di lavoro per i giovani, come sportelli di lavoro e progetti per la formazione professionale, proposte di tirocini e borse lavoro, dando priorità i soggetti più disagiati (ad esempio quelli segnalati dai servizi sociali)
  4. Aggregazione e Sport.
    In base a quanto indicato, per migliorare il benessere dei giovani e contrastare l’emergenza educativa attuale, occorre dare una risposta al forte bisogno di relazione e di aggregazione che i ragazzi hanno, anche con luoghi strutturati per la socializzazione di bambini, giovani e adulti, al fine di migliorare le capacità di competenza intersoggettiva, relazionale, empatica (incontro, sport, musica, ecc.). Questi luoghi devono fornire un’adeguata offerta di spazi aggregativi e di intrattenimento, anche pubblici, che accompagni anche i giovani al rispetto delle regole, insieme alla valorizzazione della creatività e della maturazione psicofisica.
    Purtroppo, è molto difficile intercettare i giovani per lavorare su loro benessere, soprattutto quelli che si trovano in condizione di “povertà educativa”, isolamento, difficoltà di scambio generazionale, ecc. Occorrono progetti che vadano a stimolare il loro reale e concreto interesse (sport tradizionali ma anche discipline più “di tendenza” e ricerca di lavoro) da cui si può partire per ampliare la visione e la partecipazione, creando relazioni e gruppi, incoraggiando l’aggregazione, favorendo il piacere dell’incontro e della relazione, per poi proporre altre attività via via  di più ampio respiro.

    1. Spazi di Aggregazione: l’aggregazione può avere luogo attraverso strutture apposite (centri di protagonismo, oratori, impianti sportivi) oppure negli spazi informali (piazze, giardini, panchine, locali ecc.). È fondamentale per le amministrazioni elaborare strategie per intercettare questi giovani, per svolgere aggregazione sana e da lì costruire processi educativi. Negli spazi informali si può arrivare tramite educativa di strada, ma occorre anche agire attraverso centri di aggregazione, finanziati in modo etico, animati da personale competente: operatori che siano in grado di intercettare i giovani, conoscano le loro esigenze e le strategie per avvicinarli, sappiano accompagnarli con garbo e rispetto. È giusto anche porre regole come quelle di non fumare e non bere durante le attività, pur evitando atteggiamenti escludenti. Un buon contributo ad un intervento nella direzione auspicata oggi necessita di ampi investimenti economici per essere incisivo. Un’impresa sociale può essere autosufficiente e generare reddito, purché non lo faccia con modalità che siano in contrasto con la missione educativa; il pubblico può e deve intervenire col finanziamento solo se il soggetto in questione soddisfa tutti i requisiti etici ed è in grado almeno in parte di autofinanziarsi.
    2. Associazionismo Giovanile: in connessione con l’ultimo punto, è fondamentale sostenere e favorire l’aggregazione e l’associazionismo fra i giovani. Questi obiettivi vanno realizzati in collaborazione con la Regione, le scuole, le Università e gli enti locali, dedicando spazi negli edifici scolastici, universitari e pubblici all’aggregazione giovanile culturale, ricreativa e sportiva, con particolare riferimento alle iniziative promosse da associazioni studentesche.
    3. Spazi Sportivi: è fondamentale che i territori presentino un numero di impianti sportivi sufficienti per l’esigenza di quei territori.
  5. Organizzazione
    Tutto ciò che è stato descritto è realizzabile unicamente in presenza di alcune condizioni di natura organizzativa e amministrativa.

    1. Progettazione: non si può prescindere da una progettazione attenta, condotta da esperti.
    2. Coordinamento: per realizzare tutto questo è fondamentale che le associazioni lavorino tutte insieme su progettualità che possono essere comuni, facciano sistema, costruiscano risposte insieme, abbiano a disposizione luoghi di ascolto e iniziative che dialoghino fra di loro.
    3. “Burocrazia” e responsabilità: le associazioni lamentano una difficoltà immensa di dialogo e di operatività nei confronti della macchina amministrativa circoscrizionale e comunale, nonché una tendenza dei suoi impiegati a relazionarsi con difficoltà ai decisori politici e ad assumersi responsabilità. È fondamentale che l’Amministrazione comunale assuma un’azione forte e coordinata per riorganizzare l’apparato burocratico e tentare di attenuare tali criticità, migliorando il funzionamento della macchina amministrativa, anche nel suo rapporto con le associazioni.
  6. Ambiente e Spazi Pubblici.
    L’ambiente è uno dei fattori fondamentali che determinano la qualità del benessere di chi lo vive e lo spazio pubblico è uno dei contesti in cui i giovani sono più presenti, pensiamo, ad esempio, a quando entrano ed escono da scuola o a quando si ritrovano ai giardinetti. Occorre, quindi, concepire lo Spazio Pubblico come “casa dei ragazzi”, è un elemento ideale per lavorare sul profilo educativo, ma anche per costruire identità, affezione, per far comprendere che lo spazio pubblico è un luogo di cui anche loro possono prendersi cura.

    1. Partecipazione: pertanto, occorre educare (non solo i giovani) a guardare e ad attivarsi (educazione civica in situazione autentica, non astratta) verso una città gestita in modo più responsabile e più vivibile.
    2. Nuovi Spazi: mettere a disposizione dei giovani nuovi spazi sottraendoli all’auto, ad esempio realizzando nuove pedonalizzazioni.
    3. Educazione: è essenziale educare a guardare strade, piazze, luoghi di aggregazione, coinvolgendo i giovani nell’immaginare la nuova funzione e le caratteristiche formali di questi spazi e di tutto il quartiere, valorizzando il ruolo attivo che i giovani stessi possono svolgere. Fondamentali, pertanto, corsi di educazione ambientale nelle scuole, progetti che coinvolgano direttamente gli studenti e replicare esperienze come “Piazza Ragazzabile”, già presenti in città.
  7. Trasporti
    I giovani hanno bisogno di un mezzo ecologico ed economico che permetta di lasciare a casa il mezzo motorizzato, con un deciso rafforzamento del TPL, soprattutto in tempi di inevitabile distanziamento sociale.

    1. Mobilità: occorre fornire la possibilità ai giovani (e non solo) di spostarsi a piedi o in biciletta tramite semplici interventi sulla viabilità. È necessario rivedere la sostenibilità dei percorsi di arrivo a scuola e delle aree a ridosso dell’ingresso.
    2. Spazi per Studenti: Cruciale è altresì il tema degli spazi per gli studenti, le residenze universitarie e le aule studio.