“Solo quelli che sono così folli da pensare di cambiare il mondo, lo cambiano davvero”.

A. Einstein

 

PARTE I: PREMESSE

“Lasciate ogne speranza, voi ch’ intrate”.

Dante, Inferno, Canto III

 

1.1 La Prossima Campagna Elettorale

L’Italia si appresta a vivere, probabilmente, la più brutta campagna elettorale della propria, peraltro non esattamente edificante, Storia. Vittima di un abbruttimento culturale e morale terrificante della società e della classe dirigente, all’ombra di un sistema elettorale deleterio che assegnerà ai partiti pressoché la scelta totale degli eletti, l’Italia si troverà una scelta fra un riedizione del circo Berlusconiano (evidentemente, abbiamo già dimenticato il Bunga-Bunga, condanne, ecc.), un partito fortemente condizionato da imperizia e gestione aziendalista ed un partito che, nonostante si definisca progressista, ha fatto di tutto per demolire lo stato sociale in Italia ed è riuscito a mettersi contro praticamente tutti. Non considero in questo novero “Liberi ed Uguali”, perché, sebbene, al di là di personaggi pittoreschi come D’Alema e Speranza, possa apparire un’opzione più digeribile, è chiaro che non sarà mai in grado di influire realmente sui processi politici della prossima legislatura, la quale, con ogni probabilità, si caratterizzerà per l’assenza di una maggioranza (ed, a questo punto, c’è quasi da sperarlo).

Non so voi, ma, personalmente, in questo scenario, provo un bruciante desiderio che si provi a parlare di temi, di merito, si tenti di fare delle proposte specifiche su delle questioni di grandissima importanza, che non siano le solite sparate di campagna elettorale (tipo abolire il canone RAI). Questo articolo contiene una sorta di “Libro dei Sogni”, delle proposte che vorrei che fossero implementate per la prossima legislatura e che, naturalmente, nessuno mai implementerà. Il criterio cui esse si ispirano, non è quello in voga oggi. Mi spiego: sono fortemente convinto che uno dei motivi principali per cui la politica ha progressivamente perso la propria credibilità e la propria efficacia sia che ha assunto un punto di vista troppo pragmatico, utilitaristico, opportunistico. Le categorie sulla base delle quali si assumono le decisioni sono

  • Utile\non utile
  • Opportuno\non opportuno
  • Efficace\non efficace
  • Conveniente\non conveniente

Invece, occorrerebbe riportare la valutazione delle decisioni da assumere, nella società così come nella politica, ad una categoria più fondamentale: “giusto\sbagliato”. Occorre, cioè, che il decisore possa fare riferimento ad un codice di valori, ossia un insieme di “principi”, fortemente consolidati, ogni volta che deve operare una scelta, ad una piattaforma ideale (non ideologica), che è pressoché scomparsa dopo la fine delle grandi ideologie, sostituita appunto da una visione utilitaristica. Ovviamente, si tratta di questione delicata, in quanto i concetti di “giusto/sbagliato”, “bene/male” sono basati su una forte soggettività. Io credo, però, che, questa costruzione di valori debba essere solidamente basata sulla dialettica fra concetti incontestabilmente giusti ed incontestabilmente sbagliati, ossia, si deve basare, innanzi tutto, su categorie morali. È chiaro che tale dualità investe, da vicino, la questione delle categorie di persone i cui interessi il decisore politico deve tutelare.

Evidentemente, nel seguito, sarò costretto ad imporre al lettore quella che la MIA personale visione di che cosa è giusto e che cosa è sbagliato.

 

1.2 Avvertenze

Ho il dovere di avvisare il lettore su alcuni ulteriori aspetti

  • Non cerchi, nel seguito, delle proposte necessariamente precise e puntuali, né esattezza tecnico-giuridica che non sono in grado di fornire. Non ho la pretesa di avere una conoscenza dettagliata di ogni campo dello scibile umano, come certi soggetti che, invece, pretendono di dettare legge in ogni campo. Non so fino a che punto queste proposte siano applicabili dal punto di vista tecnico e politico; elenco semplicemente delle proposte che mi paiono GIUSTE! Come renderle applicabili è un altro problema.
  • Ovviamente, qui espongo il mio punto di vista, che è spesso molto personale ed anticonvenzionale. Non si sorprenda il lettore se leggerà delle istanze che vanno completamente contro il mainstream imperante.
  • Intendiamoci, io penso che questo paese sia spacciato, irrecuperabile, destinato alla rovina, ma secondo la mia filosofia, questa non è una buona ragione per non tentare comunque di salvarlo. Perché la mia visione è morale: le cose non si fanno solo se è possibile realizzare un obiettivo; se tale obiettivo è giusto la tensione per realizzarlo ha un valore morale intrinseco!

 

1.3 Critica al Renzismo Puro (ed anche Paratico)

Credo che una riflessione come quella che sto per proporre, non possa prescindere da una analisi di quello che è stato l’atteggiamento del PD negli ultimi anni. Mi perdoneranno i miei amici renziani se questo implica una non lusinghiera disamina del lavoro del gruppo dirigente che ha governato il PD in questi anni.

Ora, i renziani non fanno che esaltare i risultati raggiunti, nonché il fatto che, in questi anni, si siano realizzati molti interventi. Intendiamoci, nel mare magnum delle politiche messe in atto tanto da Renzi quanto da Gentiloni, qualcosa di buono deve pur esserci (ad esempio le unioni civili), sebbene ritenga che questi provvedimenti siano stati messi in atto per ragioni di consenso, più che per convinzione.

Ma il problema del PD degli ultimi anni, è che ha portato avanti delle politiche che io non esito a considerare antipopolari.

Che cosa intendo con ciò?

È mia opinione che i partiti, senza grandi distinzioni, non siano più delle stazioni di raccordo fra le istanze dei cittadini e le sedi istituzionali, basati su solide piattaforme ideali, ma, in larga misura, dei centri di potere che si autodifendono dai cittadini stessi; in tutto ciò ha avuto un ruolo fondamentale la crisi morale della società italiana (tema su cui tornerò), ma anche il fatto che, a causa di tutta una serie di dinamiche (strettamente connesse al fenomeno della “globalizzazione”), di fatto, la politica è esautorata, impedita nell’agire da l’imitazione imposte da livelli di governo via via superiori. Inoltre (a causa della crisi economica), è priva di risorse da investire per il bene dei cittadini; così la classe politica è diventata autoreferenziale, preoccupandosi solo di tutelare quel poco di potere e prestigio che le rimane e gli interessi di quelle realtà che sono, per i suoi membri, delle fonti di potere e consenso, sia dentro, sia fuori la politica stessa. Questa, però, rappresenta, nuovamente, una questione morale grande come una casa!

Il Renzismo è una manifestazione di tale fenomeno.

Il primo aspetto è innanzi tutto caratteriale-psicologico. La mia valutazione, non certo “leggera”, mi rendo conto, è che Renzi sia un bullo arrogante, incapace di condividere le sue scelte, portato a squalificare chi dissente, capace di fidarsi unicamente di chi è eguale a sé stesso; interpreta il rapporto con l’elettorato in senso plebiscitario, risultando poco rispettoso del pluralismo, ma, soprattutto, della sostanza del regime democratico italiano, agendo sulla base del principio “io ho vinto, io comando”. A cascata, molti “Renziani” (non tutti, ovviamente) sono, pur con lodevoli eccezioni, portati alla canonizzazione del leader, caratterizzando il loro agire politico con la logica del tifoso, ripetendo dogmaticamente determinati slogan ed aggredendo chi non la pensa esattamente come loro, risultando molto simili ai “grillini”. All’inizio un bullo può anche apparire come la soluzione dei problemi, ma alla lunga, si renderà necessariamente antipatico, né può interpretare a lungo il ruolo del populista chi ha in mano tutte le leve del potere. Egli ha dimostrato questi limiti di “sensibilità” politico-istituzionale in molte circostanze:

  • Il Governo Renzi è nato, con un “colpo di mano”; vi era un governo in carica (di esso e del suo premier, Enrico Letta, non avevo alcuna stima, quindi non è certo per esaltarlo che scrivo questo paragrafo). Ora, nel nostro ordinamento parlamentare, i Governi NON sono eletti, sorgono e cadono in parlamento, ossia gli unici soggetti che li determinano sono i “gruppi parlamentari” ed i parlamentari stessi. Il Governo Letta beneficiava allora della fiducia della maggioranza dei gruppi parlamentari e l’avvicendamento è stato determinato in un’altra sede, ossia una sede di partito, con l’iniziativa di un segretario (pur legittimato da un vasto consenso popolare al congresso 2013) che ha posto la questione presso la Direzione del suo partito, non nei gruppi parlamentari che hanno avuto un ruolo subordinato (l’art. 67 della Costituzione libera i parlamentari da ogni vincolo di mandato). Questo è già molto grave (io ho smesso di essere Renziano a seguito di tali eventi).
  • L’apposizione della questione di Fiducia sulla Legge Elettorale.
  • L’iter della Riforma Costituzionale è partito per iniziativa del Governo. Credo sia la prima volta che la Costituzione, ossia la legge fondamentale della nostra Repubblica, viene cambiata con un ddl governativo, invece che per iniziativa del parlamento stesso. Non solo, ma questo progetto di riforma è stato attuato con un piglio caratterizzato da un’arroganza senza precedenti, in barba al “Manifesto dei Valori del Partito Democratico”; invece di cercare un’ampia condivisione nell’arco costituzionale ci si è impuntati su determinati punti e si è cercata la condivisione con coloro che erano disposti (pur di non tornare a casa), a sostenerla (prima Berlusconi, con il “Patto del Nazareno”, poi Alfano e Verdini), provocando una grave spaccatura all’interno dello stesso PD (peraltro, io credo che l’allora minoranza del PD che, faccio notare, è la medesima che ho fortemente contrastato al congresso 2013 e su cui non ho cambiato opinione, abbia sbagliato tutto ed avrebbe dovuto COERENTEMENTE votare NO fin dal principio in modo da FERMARE tutto ciò ed evitare di essere a poco a poco fagocitata da Renzi e resa irrilevante); non credo che tutto questo sia stato accidentale, ma sia stato frutto di una precisa volontà e strategia. E poi, si è assistito all’operazione “rullo compressore”, in cui la riforma è stata portata avanti come da una divisione di panzer, considerata la battaglia della vita e si è forzato gravemente il Parlamento, isolando chi dissentiva. Sia chiaro che tutto ciò non ha nulla di formalmente scorretto, bensì si tratta di scelte gravi politicamente, nell’ottica della separazione dei poteri. Trovo anche singolare il fatto che, per altri provvedimenti, come le Unioni Civili, l’atteggiamento sia stato di tutt’altro tipo e la fiducia sia stata posta solo DOPO avere accettato un accordo al ribasso. Il clima all’interno del PD, nel corso della (peraltro lunghissima) campagna referendaria, è stato davvero pesante: bene rammento il disagio provato in quel periodo.
  • Circa l’iter congressuale, credo che nessuno (tranne coloro, molti, che possono attingere ad oceani privati di ipocrisia) potrebbe affermare che il congresso nazionale del PD sia stato un congresso serio. Pochi giorni per elaborare un regolamento, la direzione convocata la sera prima per votare un testo CHE NON È STATO INVIATO IN PRECEDENZA (hanno votato a scatola chiusa, risibile!), pochi giorni per presentare le candidature, poco più di 2 mesi per la campagna congressuale, con le convenzioni in mezzo. E’ chiaro come il sole che chi governa il PD non abbia voluto un confronto sui contenuti o la contendibilità della leadership, ma solo una celebrazione mediatica, per chetare le angosce, gli appetiti ed il desiderio di rivalsa del segretario dimissionario, che gli riconsegnasse i pieni poteri in modo da decidere la composizione dei gruppi parlamentari, alle prossime elezioni (in virtù di una terrificante legge elettorale che, guarda caso, ha come caratterizzazione principale la rimozione delle preferenze). Tutto ciò è la quintessenza del renzismo, in apparenza unicamente orientato alla gestione del potere! Ma ciò non significa che non si debba partecipare e lottare per proporre un modello diverso!
    Non si molla un atomo…

Come secondo aspetto, della mia “Critica al Renzismo”, ritorno a sottolineare come il PD non sembri più essere il partito dei deboli, bensì delle classi dominanti, non più dei cittadini, ma dell’élite e delle lobby. Ritengo che Renzi sia, in qualche misura, un esecutore dall’élite economico, finanziarie, imprenditoriali, internazionali che hanno sempre tirato le leve della politica italiana, nell’ombra. Queste ultime sono quelle che hanno lavorato per escludere sistematicamente il PCI dal governo della Prima Repubblica, che hanno poi assunto Berlusconi come loro alfiere ed ora hanno fatto la stessa cosa con Renzi: il loro obiettivo è demolire alcune conquiste sociali e democratiche fondamentali dell’Italia post-bellica; con Renzi ci sono in gran parte riusciti, perché questi ha avuto un vantaggio rispetto a Berlusconi, ossia il fatto che egli ha potuto attaccarle partendo “da sinistra”. Vi sono molte evidenze a sostegno di questa tesi. Innanzi tutto, alcuni provvedimenti del governo Renzi:

La “Buona Scuola” che ha creato una frattura devastante fra il PD e gli operatori della scuola (tradizionalmente zoccolo duro del suo elettorato), sotto tanti aspetti: il trasferimento forzato di inseganti dal sud al nord, la presenza di studenti e genitori nel comitato di valutazione (una follia rispetto a quello che è oggi la diffidenza reciproca fra tali gruppi), ma, soprattutto, la cosiddetta “Alternanza Scuola Lavoro” che è forse è il più grande danno fatto negli ultimi anni al comparto istruzione, perché non solo sottrae un sacco di tempo allo studio, ma BUONA PARTE DI QUESTA viene svolta in orari curricolari, così che gli insegnati sono disperati perché si trovano la classe vuota almeno un quarto delle vote e NON RIESCONO A FINIRE I PROGRAMMI; questo è un disastro, perché renderà l’Italiano medio ancora più ignorante di quanto sia oggi (una mia riflessione sull’Alternanza è contenuta in questo articolo).

  • Il Jobs Act è un’altra misura contestatissima; personalmente non sono espertissimo di diritto e mercato nel lavoro, ma l’abolizione dell’Art. 18 è chiaramente uno scalpo del sindacato e dei lavoratori per accontentare l’élite di cui sopra, essendo qualcosa che hanno lottato per decenni per cancellare.
  • L’aumento del tetto massimo per le transazioni in contanti, da 1000 a 3000 euro, con la Legge di Stabilità 2015. Un regalo all’evasione.
  • La flat-tax per attirare i ricchi stranieri!
  • Il provvedimento che permettere che continuino le estrazioni di idrocarburi, già in essere, entro le acque territoriali Italiane, oltre la scadenza delle concessioni, fino all’esaurimento dei giacimenti. Provvedimento a favore dei petrolieri, a cui 5 consigli regionali si sono molto opportunamente opposti con un referendum di iniziativa regionale, purtroppo fallito per mancanza di quorum (quitrovate la mia posizione in merito).
  • Il taglio indiscriminato dell’IMU prima casa che ha interessato anche i patrimoni immobiliari di grande valore, con la Legge di Stabilità 2015.
  • La “Riforma Elettorale” che ha rappresentato forse il più grande fallimento della classe politica attuale la quale, essendoci le sue poltroncine in gioco, è riuscita nel capolavoro di non essere capace di fare delle leggi costituzionalmente accettabili, così da avere, per i due rami del parlamento, due leggi diverse, entrambe per effetto dell’intervento della Corte Costituzionale. Ma una di queste leggi era stata imposta a colpi di maggioranza con fiducia ed era iper-maggioritaria, uccidendo la rappresentatività, tanto da venire poi opportunamente demolita dalla Consulta. E tacerò sul Rosatellum (riprenderò l’argomento più avanti)
  • Discorso analogo per la Riforma Costituzionale, imposta nel modo già specificato, causando una terrificante spaccatura nel partito e nel paese, che avrebbe provocato una grave deformazione democratica (quila mia posizione in merito).

In secondo luogo, è opportuno menzionare talune vicende che hanno interessato personaggi contigui al governo Renzi, in questi anni. Onde evitare equivoci, sottolineo che, nella fattispecie, non mi interessa minimamente l’aspetto legale-processuale delle vicende: chi è stato indagato/archiviato/processato/condannato/assolto. Mi interessa che esse abbiano messo in luce, appunto, la contiguità tra il governo Renzi, nelle persone di vari suoi esponenti, e vari centri di potere economico/lobbistici (possiamo definirle, volendo, “amicizie inopportune”), ossia un confine labile fra politica ed affari, il che, per me, è un fatto di rilevanza politica.

  • L’inchiesta “Sistema”, che ha portato alle dimissioni (opportune) del ministro Lupi, ha evidenziato contatti tra pezzi del governo e lobby delle “Grandi Opere”.
  • L’inchiesta “Tempa Rossa”, che ha portato alle dimissioni (opportune), del ministro Guidi, ha evidenziato contatti tra pezzi del governo e lobby del “petrolio”.
  • La vicenda “Banca Etruria”, cha ha, in qualche modo, tirato in ballo un parente stretto dell’allora ministro delle Riforme, come ha poi evidenziato la commissione di inchiesta sulle banche!
  • L’inchiesta CONSIP, in cui sono coinvolti un ministro molto vicino a Renzi ed un suo familiare stretto.

Ma, forse, l’evidenza maggiore del fatto che il PD è diventato il partito dell’élite si ottiene osservando la distribuzione dei voti, a Torino; tanto i voti espressi per Piero Fassino alle scorse amministrative, quanto il “sì” al referendum costituzionale si sono concentrati nelle zone borghesi, mentre il “no” nelle zone popolari (esattamente il contrario di quanto accadeva in passato). Evidentemente, almeno gli elettori, condividono tale mia visione (basta leggere questo articolo).

In questo senso, affermo che il PD ha fatto politiche ANTIPOPOLARI e lo dimostra il fatto che Renzi ha sempre guardato a Destra (Alfano, Nazareno, Verdini) ed ha sempre cercato di asfaltare la sua sinistra interna (fino a provocare la scissione).

Oggi il PD è in larga misura un aggregato di gruppi di potere, spesso collaterali ad interessi di tipo economico. Intendiamoci, il Potere non è qualcosa di intrinsecamente negativo: come dice il termine stesso, deriva dal verbo “Potere” ossia la possibilità di agire, di fare. Senza potere, non si può realizzare nulla in politica così come in qualsiasi ambito. Quindi non è sbagliato ricercare il Potere. È sbagliato utilizzarlo solo per tutelare lo status quo ed i propri interessi personali e non il bene comune.

Ancora più grave, il fatto che si evita di ammettere errori e sconfitte, anzi, li si nega e si tira dritto: si fa finta di ignorare come, dopo le politiche/regionali del 2014, il PD abbia sistematicamente perso TUTTE le consultazioni (elettorali e referendarie) che si sono svolte nel triennio successivo.

Esaminiamo un attimo la situazione torinese, dalle amministrative 2016 in poi.

Molti di noi (il sottoscritto in primis) ha veduto arrivare la sconfitta da molto lontano (sarebbe istruttivo rivisitare, con il senno di poi, l’esperimento “Accorciamo le Distanze”). La giunta di centrosinistra non si è certo distinta per efficacia e simpatia (scontentando, ad esempio, i settori dell’ambientalismo torinese, i cittadini vittima della malamovida, quelli delle zone soggette alla costruzione dei parcheggi pertinenziali, ecc.) il che, sommato all’antipatia generale provata nei confronti di Renzi e del PD, ha fatto sì che l’indubbio fascino che una candidatura come quella di Chiara Appendino (che, in ogni caso, ritengo essere una personalità di qualità ben superiore alla media dei pentastellati) abbia avuto vita facile. Noi eravamo lo status quo, un aggregato di potere, incrostato da più di vent’anni di dominio incontrastato (il cosiddetto “Sistema Torino”) che i torinesi, in sede di ballottaggio, non vedevano l’ora di mandare a casa. Ricandidare Fassino è stato un errore che in gran parte è stato originato dall’incapacità della classe dirigente di trovare un’alternativa credibile.

Non solo si è fatto di tutto per non riconoscere la sconfitta e non analizzarla, ma chi l’ha originata ha continuato a tirare i fili del partito torinese ed a curare i propri interessi.

Adesso, si cerca di coprire le proprie mancanze facendo più chiasso possibile verso la giunta pentastellata!

Ora, la giunta di Chiara Appendino fa acqua da tutte le parti! Le giravolte sull’urbanistica (ad esempio sui supermercati), sull’acqua pubblica, la pessima gestione della vicenda di Piazza San Carlo, per non parlare della stesura alquanto fantasiosa del bilancio (utilizzando fondi strutturali per la spesa corrente, un’operazione pessima), la contiguità inquietante fra alcuni esponenti del suo partito ed i centri sociali, le nomine incompatibili ai vertici di SMAT, la gestione del dossier GTT, ecc. A questo punto, sarebbe opportuno che il sindaco Appendino si dimettesse il più presto possibile.

Cionondimeno, sarebbe sbagliato non rilevare che vi è stato un cambiamento circa alcune politiche, rispetto alla giunta precedente, in direzioni che io ritengo giuste, in particolare sull’ambiente, il traffico e la ciclabilità. Un certo atteggiamento “pedagogico”, “educativo”, da parte della giunta (di cui si parla nel seguente articolo), volto a contrastate delle cattive abitudine dei Torinesi sulla sosta, la Movida (su cui tornerò più avanti) è assolutamente apprezzabile (visto che i cittadini non sono in grado di educarsi da soli, devono intervenire le istituzioni). Se il PD avesse a cuore questi temi, dovrebbe appoggiare tali provvedimenti.

 

1.4 Strategia di un suicidio

Anche dal punto di vista della semplice strategia politica, è incredibile come il Partito Democratico, a causa della scarsa lungimiranza (per così dire) del suo segretario e del suo gruppo dirigente, sia riuscito a creare le condizioni per suicidarsi completamente nel giro di poco più di un anno e mezzo.

Ecco le ultime tappe:

  • Si perdono le elezioni amministrative in grandi città come Torino e Roma e si tira dritto come non fosse accaduto nulla.
  • Si punta tutto su un referendum costituzionale, trasformato nella battaglia della vita e lo si perde (per fortuna)!
  • Si fa nascere un nuovo governo che è la fotocopia di quello precedente, tranne qualche minima correzione (tra cui sulla Scuola dove si nomina una ministra iperbuonista, che oltretutto, ci delizia con continui strafalcioni grammaticali), senza modificare minimamente la linea politica.
  • Si fa un congresso lampo, svolto unicamente per confermare in fretta e furia il segretario uscente, senza dare la possibilità di svolgere un reale dibattito nel partito e provocando una dolorosa scissione, che peserà tantissimo in queste elezioni.
  • Si rielegge “per acclamazione” il segretario uscente (qualcuno aveva dei dubbi?), perdendo circa un milione di votanti alle primarie (probabilmente un indice dei voti persi dal PD). A quel punto, la partita delle elezioni è persa in partenza.
  • Si decide di svolgere dei congressi balneari per le Federazioni Provinciali ed i circoli, con un tesseramento di fatto possibile solo per tre settimane, impedendo un vero ricambio nei livelli locali, conducendo perlopiù a congressi unitari (cioè senza reale confronto).
  • Si approva (e questo è davvero un capolavoro) una legge elettorale che favorisce le coalizioni, mettendo in pole position chi una coalizione ce l’ha e danneggiando gravemente chi ha fatto di tutto per allontanare possibili alleati. L’obiettivo era, evidentemente, da un lato, danneggiare il M5S a favore della destra e, dall’altro, ammazzare le preferenze per essere sicuri, pur avendo un gruppo parlamentare più piccolo, di controllarlo completamente.
  • Si crea una commissione di indagine sulle banche (decisione giusta, in sé) per scaricare la responsabilità di determinati fallimenti bancari e relativi salvataggi su altre istituzioni e liberarsi dall’etichetta di amici dei banchieri, con l’effetto di mettere sotto la lente di ingrandimento la presunta inopportuna contiguità di alcuni massimi dirigenti del partito e del governo con quel sistema.
  • Si è continuato a difendere questo personaggio fino alla fine.
  • Si è incaricato di cercare alleati un soggetto che è risultato sconfitto alle elezioni nella sua città.
  • I possibili “alleati” di sinistra e di centro (che poi sarebbero state delle mini-liste orientate a contendere qualche voto rispettivamente a sinistra ed al centro) si tirano indietro l’uno dopo l’altro (Pisapia e Alfano), probabilmente rendendosi conto che oggi, avvicinarsi al PD è come avvicinarsi al reattore di Chernobyl.
  • Non si sta procedendo a scegliere le candidature con metodi di consultazione aperta (come le primarie dei parlamentari nel 2012, su cui Bersani, mi spiace per voi, ha qualcosa da insegnarci), né basandosi sul merito, ma chiusi nei palazzi romani, probabilmente utilizzando come criterio quello della fedeltà cieca.
  • Infine, ci si presenta alle elezioni, senza avere realizzato che l’unica strada per evitare la sconfitta rovinosa fosse che la classe dirigente che ha determinato tutto ciò si presentasse a queste elezioni facendo un passo indietro.

Dopo l’ultimo congresso nazionale, dissi che il PD era un treno che si stava andando a schiantare contro una montagna senza galleria, dove la montagna sono le prossime elezioni.

In questo contesto, l’unica speranza per il paese è che non si formi una maggioranza, così che né la destra né il M5S siano in grado di fare danni e si rivoti in tempi rapidi, utilizzando questa breve legislatura per rifondare completamente il PD, rimettere insieme i pezzi dopo lo schianto, ponendolo nella condizione di darsi una nuova leadership ed una nuova struttura, così da tornare competitivo.

Ora, io voterò comunque per il PD, perché a questo partito sono iscritto e credo che, da questo punto di vista, l’iscrizione significhi ancora qualcosa, ma sono veramente infuriato per ciò che ho descritto e per le politiche portare avanti dai governi del PD in questi anni.

 

1.5 Critica al Movimento 5 Stelle

Personalmente, mi sento vicino ad alcune istanze del M5S, in particolare il porre l’onestà come prerequisito per ogni azione politica e, in generale, l’implementare una certa severità (almeno sulla carta) nel giudicare i comportamenti delle classi dirigenti, cosa che non guasta in un contesto in cui è così alto il livello di corruzione morale, prima ancora che fattuale (una certa tendenza a farsi gli affari propri invece che quelli della comunità). Anche l’attenzione ai temi ambientali (ad esempio il volere puntare sulle piccole opere, piuttosto che sulle grandi opere, sui piccoli eventi piuttosto che sui grandi eventi, ecc.) è positiva (ciclabilità, risparmio energetico). In altre parole, proprio quelle istanze di cui il PD ha una paura nera. In teoria, quindi, la sua presenza dovrebbe essere un fatto positivo, perché permetterebbe di mantenere un canale di vigilanza continuo sull’operato dei partiti e delle istituzioni. Purtuttavia, credo che esso presenti forti limiti che ne pregiudicheranno la crescita e la capacità di portare avanti un’azione politica efficace, di costituire, cioè, una reale alternativa. Ecco, in sintesi, quali sono, secondo me, tali limiti.

  • Base:Nella base pentastellata, è fortemente presente una componente (nel senso che certamente non si possono bollare tutti i militanti del movimento in questi termini) apparentemente non molto acculturata, alquanto propensa a credere a “bufale” e complotti ed a non documentarsi, a ragionare con la logica del tifoso (cosa che accade ovunque, peraltro), per partito preso ed in genere porsi in modo molto maleducato, mancando di rispetto al prossimo, soprattutto sul web. È, peraltro, una manifestazione di una tendenza che non saprei se considerare una sorta di “ignoranza psicologica” oppure di “cultura dell’ignoranza” che caratterizza tutta la società italiana; la parola chiave è evidentemente “ignoranza” ed è uno dei più gravi mali nostra società (ci torneò).
  • Classe Dirigente:Le problematiche relative alla base, si portano dietro quelle relative alla classe dirigente (la mela non casca lontano dall’albero). Il rifiutare quasi ogni tipo di curriculum politico\amministrativo per i loro esponenti, insieme al porre l’onestà pressoché come unico prerequisito, fa sì che la loro classe dirigente ed amministrativa rischi di essere di qualità modesta. Questa problematica sta iniziando ad emergere in modo chiaro (basta ascoltare qualche dichiarazione dei vari Di Battista, Di Maio, Taverna, ecc. per capire di che cosa parlo) e credo sia una dei fattori che ha gravemente penalizzato il Movimento alle ultime elezioni amministrative.
  • Incapacità di Governare:Diretta conseguenza del punto precedente; basta osservare quanto sta accadendo a Roma ed, in parte, anche a Torino (su cui, però, mi soffermerò più avanti). Spesso, ravviso, altresì, mancanza di rispetto per le Istituzioni e di legittimazione democratica degli avversari. Li penalizza anche la loro non volontà di stringere alleanze (se nel 2013 avessero accettato la collaborazione, forse irrealistica, proposta da Bersani, ora parleremmo di un altro film), anche se, pare, che ora le cose stiano cambiando.
  • Incoerenza:In molte realtà in cui il M5S amministra (ad esempio Roma e Torino) accade che esponenti della loro compagine siano sotto indagine, ma rimangano al loro posto; ciò dimostra che, quantomeno, il movimento si sta caratterizzando in termini sempre più pragmatici, ossia sembra che stia acquisendo alcune delle peggiori abitudini dei partiti tradizionali.
  • Democrazia Interna:Fra direttori che tengono sotto tutela gli amministratori, correntismo spinto, elezioni in rete poco trasparenti ed Editti Bulgari trasmessi attraverso i blog di Grillo e la Casaleggio associati, la Democrazia non esiste all’interno del movimento e questo è inaccettabile!

A chi mi chiede perché rimango nel PD e non vado nel M5S, rispondo che questa è la motivazione principale; basta leggere questo articolo.

Non potrei mai accettare di essere soggetto a delle regole palesemente incostituzionali.

Obbligo di Dimissioni?
Obbligo di votare la fiducia?
Obbligo di dimettersi? Multa per chi “tradisce”?

Ma scherziamo?

L’assenza del vincolo di mandato non è solo previsto dall’art. 67 della nostra Costituzione, ma è uno dei fondamenti del sistema democratico.
Il diritto al dissenso dovrebbe essere sacro!

L’unica cosa buona che c’era, il divieto di candidarsi per gli inquisiti, viene meno!

Come potrei accettare di appartenere ad un partito del genere?

Eppure, trovo assolutamente fuori luogo l’atteggiamento così fortemente polemico tenuto dal PD nei confronti dei pentastellati, essenzialmente per due ragioni:

  • La ritengo una cortina fumogena per occultare le politiche antipopolari del PD.
  • Ritengo che sia moralmente sbagliato attaccare gli avversari quando al proprio interno, in particolare sull’aspetto morale, si fa acqua da tutte le parti.

In tutto ciò, l’esempio di Torino è emblematico (ho già parlato dell’atteggiamento nei confronti della giunta di Chiara Appendino).

Il punto, però, è che se il centrosinistra insiste con questa opposizione irragionevole, senza una profonda riflessione ed una prospettiva di rinnovamento generazionale e culturale, si andrà a schiantare di nuovo alle prossime elezioni!

Riassumendo.

  • Il M5S fa acqua da tutte le parti, eppure reca delle istanze assolutamente giuste che dovrebbero essere implementate anche dal PD.
  • Il PD tiene un atteggiamento di chiusura totale nei confronti del M5S (certamente, in parte, giustificabile sulla base dell’atteggiamento tenuto da quest’ultimo), perché vuole coprire la propria aridità morale ed ha paura di quelle istanze.
  • A causa di questa aridità morale, il PD non è moralmente autorizzato a fare la predica a chicchessia.
  • Questa dinamica si manifesta sia a livello nazionale, sia a livello Torinese.

 

1.6 Scelta delle Candidature

Una delle conclusioni che si possono trarre dalle considerazioni precedenti è che occorre selezionare con molta più attenzione la classe dirigente, in modo che la sua qualità sia la più alta possibile. Nella fattispecie, delle elezioni politiche 2018, questo significa selezionare con grande attenzione le candidature. Ecco quali, secondo me, dovrebbero essere i criteri con i quali sceglierle:

  • Primarie aperte ai cittadini, sia per il proporzionale che per i collegi (non decidere al chiuso di un ufficio a Roma, come probabilmente accadrà).
  • Esclusione dalle candidature chiunque abbia qualsiasi pendenza con la giustizia (anche solo essere indagati).
  • Esclusione dalle candidature per chiunque sia stato soggetto di comportamenti moralmente dubbi, sia in ambito pubblico (ad esempio, da amministratore, abbia favorito “amici”), o nel privato (tipo avere frequentato escort o consumato droghe di qualunque tipo). Del resto, l’art. 54 della Costituzione prescrive che “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”.
  • Esclusione dalle candidature per chiunque abbia interessi economici rilevanti (ad esempio aziende, cooperative, ecc.) propri, di parenti o frequentazioni con chi ne abbia. Esclusione per parenti di soggetti che abbiano un incarico nelle istituzioni (anche in posti di sottogoverno).
  • Richiedere un minimo di qualità personale e preparazione culturale e politica per i candidati (in altre parole, il merito), ad esempio la laurea ed avere ricoperto in modo onorevole un qualche tipo di incarico amministrativo. Essenziale anche l’obbligo di residenza nel collegio, onde evitare il fenomeno dei paracadutati. Si potrebbe anche ipotizzare l’obbligatorietà di qualche corso di formazione e di test psico-attitudinali.

[CONTINUA…]