Ho preferito attendere la conclusione del percorso della crisi, prima di pronunciarmi.

Dopo il 4 marzo 2018, fui un acceso sostenitore della necessità di un accordo di governo fra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle e fui attraversato da un impeto di rabbia quando l’ex segretario del PD, che non voglio nominare, bloccò tutto, peraltro non nelle sedi deputate me con una plateale intervista televisiva.

Dopo 18 mesi, quel mio desiderio si è realizzato, accompagnato, però, da un incommensurabile paura su quali possono essere le conseguenze.

Ecco le mie considerazioni:

1) Salvini NON è più Ministro degli Interni ed è stato mandato laddove la destra dovrebbe sempre stare, cioè all’opposizione! Ammetto di godere (verbo che uso molto raramente) come un matto per questa cosa, ma, ATTENZIONE A NON PENSARE CHE SALVINI SIA UN PROBLEMA RISOLTO. Per quanto si sia fatto male i conti, abbia sbagliato tempi e tattica, cosa che gli ha causato un contraccolpo, in termini mediatici, di immagine e di consenso, è ancora una straordinaria macchina da voti, quindi un pericolo molto concreto. Ed anche se il governo durasse 4 anni (e ne dubito), Salvini, passasse di moda e fosse bruciato, quello spazio politico sarà certamente occupato da un soggetto analogo (ci tornerò).

2) Altro fatto che mi ha colpito è l’assoluta incoerenza politica di molti dei protagonisti di questa vicenda: Renzi e i renziani, pochi giorni prima della caduta del governo gialloverde, gridavano “pop corn” e “senza di me”, paventando sfracelli in caso di alleanza. E poi, fra lo stupore di tutti, è lui a smentire il suo segretario (chi diceva di non sparare sul quartiere generale?) sostenendo esattamente il contrario! Incredibile la sfacciataggine del soggetto in questione, che, per puro interesse personale, ossia evitare che il suo ascendente nei gruppi parlamentari fosse azzerato e il suo partito decapitato sul nascere, ha disconosciuto tutto ciò che ha detto fino ad un secondo prima. Sono veramente basito da ciò e ancora più dall’atteggiamento dei suoi sostenitori che si arrampicano sugli specchi per giustificare la contorsione. E vogliamo parlare di Di Maio? Quello che un mese e mezzo fa diceva che non avrebbe mai fatto l’accordo con il partito che toglieva i bambini alle famiglie per fare soldi! Ma stiamo scherzando? Cambiare idea, col tempo, è sinonimo di mentalità aperta, farlo in pochi giorni per motivazione di interesse è obbrobrioso.

3) Molti hanno commentato questa crisi di governo e la successiva genesi del nuovo governo come “anomala”. Una crisi nata sulle spiagge e condotta a colpi di post su FB e twitter, di ultimatum e controultimatum, di detto e non detto. Naturalmente, la principale anomalia riscontrata è la riproposizione dello stesso presidente del consiglio sia con una maggioranza di destra sia con una di sinistra. Ora, al netto del fatto che sarebbe stato assai opportuno che la discontinuità tanto invocata si fosse manifestata con un nuovo premier, dobbiamo renderci conto che la politica è cambiata, la cosiddetta terza repubblica ha dei caratteri differenti sia della prima che della seconda (per certi aspetti più simile alla prima e per altri più vicina alla seconda); siamo in un sistema proporzionale, con correzione maggioritarie, in un’epoca populista, dominata dai social network, della sfiducia nella politica, dal terrore dei partiti di perdere consenso (altro che pensare alle prossime generazioni, pensano al sondaggio della prossima settimana!). In questo contesto, i criteri che si utilizzavano in passato per giudicare i processi istituzionali, devono necessariamente essere rivisti, fermo restando, nel modo più assoluto, il rispetto dei dettati costituzionali, in particolare, il parlamentarismo come fondamento del nostro assetto istituzionale, pur non demonizzando alcune correzioni nell’ottica della democrazia diretta. Ad esempio, la possibilità di consultare online la base di un partito è una cosa assolutamente giusta; è molto contestabile invece il modo in cui in pratica funziona la piattaforma Rousseau: manca completamente la trasparenza e la gestione, ad esempio sulla scelta di quali scelte affidare alla base, come formulare i quesiti, ecc., è del tutto inaccettabile

Non dico che tutto ciò ci debba piacere, dico che occorre tenerne conto.

4) Ci sono tantissime incognite sulla strada di questo governo; la principale si chiama Renzi: avendolo lui fatto nascere solo ed esclusivamente per interesse personale e avendo il controllo della gran parte dei gruppi parlamentari del PD, egli non esiterà a togliergli l’appoggio, appena non gli converrà più mantenerlo. Perciò, non chiamatelo governo giallorosso, bensì giallobianco.

5) La squadra di governo mi pare piuttosto debole, un’impressione che spero verrà smentita dai fatti. Sono state, per lo più, scelte seconde linee, persone semisconosciute. Per quanto riguarda il PD, è apprezzabile che (a parte l’eterno, camaleontico Franceschini) si sia fatto un vero rinnovamento, escludendo i ministri dei governi Renzi e Gentiloni. Forse non è possibile chiedere rinnovamento e al tempo stesso una squadra forte, perché il PD, come partito, è debolissimo, è una federazione di correnti e personalismi dove si avanza non per competenza, ma per fedeltà cieca e non si sono fatti i conti, nonostante il congresso, col passato renziano. Probabilmente, più di così non si poteva ottenere. Per quanto riguarda la delegazione di LEU, mi limito a dire che vi erano molti soggetti assai più validi di Speranza da scegliere come ministri.

6) Un commento a parte merita il ruolo di Luigi di Maio. Il livello di cultura e di competenza di tale soggetto rappresenta perfettamente la base a la classe dirigente di quel partito. Egli, oltre ad avere cambiato un numero enorme di lavori, oltre ad avere una storia familiare quantomeno problematica, ha la competenza e l’acume politico di un cocomero e l’arroganza di un Renzi (basta vedere come, in un anno ha dilapidato metà del consenso del suo partito). Avendo lui una predisposizione di destra, ha fatto una pessima figura nelle trattative cercando, se non di farla saltare, quantomeno di alzare il prezzo in modo da garantirsi di non sparire completamente come meriterebbe dopo i disastri che ha provocato da leader politico e da Ministro. Alla fine è stato ridimensionato, ma non completamente esautorato. Ora, capisco che in un governo di coalizione occorra accettare dei compromessi, ma, francamente, mi domando come il PD e il Capo dello Stato abbiano potuto accettare che tale soggetto possa ricoprire una carica delicata e così importante per l’immagine dell’Italia come il Ministro degli Esteri.

7) Il programma è troppo generico: di ciò, in parte, la colpa è del poco tempo a disposizione che non ha permesso di fare una sintesi più approfondita, ma il vero motivo è che ci sono delle grosse distanze programmatiche nella maggioranza che non sono state affrontate, nascoste dietro frasi di circostanza: ad esempio, su infrastrutture (concessione o revoca), su giustizia (prescrizione sì, prescrizione no), ecc. Non sono presenti riferimenti forti alla moralità pubblica (e questo è la maggiore responsabilità negativa dei 5s sia in questo governo, sia nel recedente) e, soprattutto, vi è ciò che il PD non avrebbe MAI dovuto permettere: il taglio dei parlamentari che uccide la già precaria rappresentatività.

8) Si prospetta, quindi, una situazione molto delicata: temo che si replicherà la dualità Di Maio-Salvini in un Di Maio-Renzi (essendo il primo un arrogante politicamente incapace e il secondo un egomaniaco incapace di collaborare) e questo non potrà che favorire il M5S. Questo perché, i fatti degli ultimi anni ci dicono che ottiene più consenso chi è al centro della scena mediatica. Basta vedere che il M5S, in questi giorni, è ritornato, nei sondaggi, dal 16% al 22%, insidiando il PD, perché questa crisi lo ha rimesso al centro della scena. E siccome loro sono molto più bravi nel gioco comunicativo, temo che il PD sarà fagocitato dal M5S, così come il M5S era stato fagocitato da Salvini.

9) Alla luce di tutto ciò, sono molto preoccupato. Chi governa viene logorato e dobbiamo ricordare che gli italiani sono mediamente ignoranti, hanno spento il cervello, votano di pancia, sulla base di impulsi emotivi e non con la ragione. Anche se Salvini ha perso consenso, la destra rimane fortissima e il logoramento del governo, le accuse di poltronismo ecc., lo faranno aumentare ancora di più. Dopotutto le ragioni di rabbia sociale, l’odio ingiustificato per gli immigrati (ne parlo in questo articolo), la sofferenza economica e sociale degli Italiani sono sempre lì e non basterà il taglio del cuneo fiscale ad arginarla, come non è bastato il reddito di cittadinanza. Pertanto, credo che sia fondamentale una nuova legge elettorale al più presto, proporzionale con sbarramento, non solo per sterilizzare la destra e Salvini, ma anche perché è l’unica legge realmente democratica (io sono sempre stato per il proporzionale), e studiare alleanze col M5S sui livelli locali. Altrimenti, si perderanno tutte le elezioni locali dei prossimi anni. Bisognava non fare un governo di legislatura che sarebbe stato logorato dallo scontro fra i partiti di maggioranza, fra Renzi e di Maio e bersagliato dalla Lega, ma fare la manovra, la legge elettorale e andare a votare.

RICCARDO TASSONE